’Ndrangheta e politica

«Mi ha pagato 2.500 euro per prendere voti nel Catanzarese»: il pentito Gigliotti punta il dito contro un candidato alle Regionali

Il collaboratore di giustizia tira in ballo un avvocato nei verbali depositati nel processo Karpanthos. I segni identificativi sulle schede elettorali, le residenze trasferita ad hoc, l’auto bruciata per intimidire una candidata. Ecco i retroscena delle campagne elettorali tra Cropani, Petronà e Botricello

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di Alessia Truzzolillo
7 luglio 2024
19:02

Denaro in cambio di voti, segni indentificativi per permettere di riconoscere le schede dei votanti, residenze trasferite giusto il tempo di permettere alle persone di votare per il candidato designato, ma anche intimidazioni e violenza. Il sottobosco oscuro delle elezioni regionali e amministrative emerge dai verbali resi da due collaboratori di giustizia: Vincenzo Antonio Iervasi, uno degli elementi di spicco del gruppo criminale attivo nella Presila catanzarese, e Mario Gigliotti, considerato il reggente del clan di Petronà. Questi verbali sono stati depositati nel corso dell’udienza preliminare del processo Karpanthos col quale la Dda di Catanzaro punta a perseguire proprio le cosche della Presila catanzarese.

L’avvocato che ha pagato 2500 per il sostegno elettorale di Capozza

Mario Gigliotti, 60 anni, detto Capozza, davanti al procuratore facente funzioni di Catanzaro, al sostituto procuratore Veronica Calcagno e ai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro, racconta di avere raccolto un centinaio di voti per un candidato alle elezioni regionali del 2021 non indagato nell'inchiesta. Assicura di avere ricevuto 2.500 euro: «… mi ha pagato 2500 euro per prendere i voti tra Cropani, Petronà e Botricello e mi ha pagato pure la cena. Gli ho raccolto un centinaio di voti. Lo conoscevo tramite Santino Gigliotti (imprenditore boschivo ucciso in un agguato di stampo mafioso, ndr) in quanto era stato il suo avvocato, io ero andato due o tre volte con Santino Gigliotti presso il suo studio vicino il Tribunale vecchio a Catanzaro».


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«Non ti preoccupare che ti faccio un bel regalo»

Il professionista, candidato con il centrodestra, avrebbe chiesto a Gigliotti di raccogliere i voti e l’avrebbe poi rassicurato, «“non ti preoccupare che ti faccio un bel regalo”, poi mi ha dato 2500 euro».
Il collaboratore assicura che i fatti siano accaduti «prima delle elezioni, che erano quelle regionali. Lui forse non era stato eletto, ma poi mi disse che forse doveva uscire uno e sarebbe entrato lui. Questo me lo disse dopo le elezioni».

Lo scambio di messaggi con l’avvocato

Alle parole di Mario Gigliotti, sono seguiti alcuni approfondimenti dei carabinieri i quali hanno esaminato il cellulare del collaboratore e hanno trovato dei messaggi scambiati tra il candidato e Gigliotti. Il messaggio, risalente al 5 settembre 2021, ha l’aria di un whatsapp di quelli mandati in serie: «Buongiorno. Spero di averti al mio fianco in questa nuova competizione elettorale nella speranza di contribuire ad un cambiamento nel modo di fare politica e di dialogare finalmente con la gente. Un forte abbraccio». Gigliotti risponde: «Buongiorno sono sempre al tuo fianco», e il candidato manda i suoi ringraziamenti.
Inoltre il candidato avrebbe dichiarato alla stampa di avere raggiunto un ottimo risultato di voti nella Presila Catanzarese.

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I segni identificativi sulle schede elettorali

Ma nella Presila catanzarese si agiterebbero strani e loschi movimenti anche nel corso delle elezioni amministrative. È Antonio Iervasi, 46 anni, detto Tre Marmitte, a raccontare delle elezioni a Cerva nel corso degli anni. Narra di quando nel 2007 «ho raccolto i voti dei familiari e poi ho raccolto i voti di altre persone che sono persone cui io avevo fatto favori, come prestare il camioncino. Per controllare che mi dessero i voti promessi c’erano dei segni identificativi, nel senso che io chiedevo che sulla scheda il nome del candidato venisse scritto in un certo modo in modo che io potessi controllare. Ad esempio un voto me lo ha dato un certo Nicola, che sta alle case popolari». A controllare che tutto si svolgesse come stabilito, dentro al seggio c’erano il candidato a sindaco di Cerva, poi eletto, in compagnia di Giovanni Sacco, presunto esponente della cosca Bubbo, imputato nella preliminare del processo Karpanthos.

Il prestito da 3000 euro al candidato a sindaco di Cerva

Iervasi aggiunge che nel corso della campagna elettorale di Cerva del 2017, il candidato a sindaco gli aveva chiesto – e ha ottenuto – 3000 euro per la campagna. La promessa per quei 3000 euro era che «se avesse vinto le elezioni io e Giovanni Sacco ci saremmo dedicati alle estorsioni; mi ha promesso che ci avrebbe fatto conoscere le imprese, senza che noi dovessimo fare danneggiamenti, ci avrebbe portato direttamente lui le imprese che dovevano fare qualche lavoro per gli appalti.» Iervasi ha portato in dote anche 45 voti mentre Giovanni Sacco ne ha portati un centinaio e «qualcuno è stato pagato».

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Le residenze spostate e l'uso della violenza

Ma per non lasciare nulla di intentato i sostenitori del candidato «hanno spostato un po’ di residenze da Petronà a Cerva apposta per le votazioni».
Oltre a questi escamotage e a pagare i supporters, la cosca non avrebbe esitato a usare le maniere dure bruciando l’auto del padre di una candidata che «stava andando casa casa a cercare i voti».
L’ordine sarebbe stato dato a Iervasi da Sacco poiché la cosca Bubbo sosteneva il candidato amico contro il rivale Fabrizio Rizzuti, oggi imputato con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso. Ma stando a quello che raccontano i collaboratori di giustizia, Rizzuti non sarebbe stato l’unico ad avvalersi del gioco sporco con l’aiuto delle cosche.

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