È tornato in libertà l’ex sindaco di Villa San Giovanni, Rocco La Valle. Dopo oltre due anni trascorsi agli arresti domiciliari, La Valle, dunque può adesso nuovamente uscire dalla propria abitazione. 

L’ex primo cittadino villese, difeso dagli avvocati Rosario Infantino e Stefano Priolo, era stato tratto in arresto nell’ottobre del 2017 nell’ambito dell’inchiesta “Metauros”, che ha svelato gli interessi della ‘ndrangheta all’interno del business dei rifiuti, concentrati all’interno del termovalorizzatore di Gioia Tauro. 

 

Le accuse a La Valle

Per quanto concerne l’ex sindaco di Villa San Giovanni, già in fase di Riesame, i giudici avevano annullato la misura cautelare limitatamente al capo d’accusa che riguarda il reato di estorsione ai danni della Iam. Per quanto concerne, invece, il reato di concorso esterno, nonché l’altra ipotesi estorsiva riguardante la gestione del termovalorizzatore, le accuse della Dda erano rimaste in piedi. Dopo un breve periodo in cella, fatto di poche settimane, dunque, La Valle andò agli arresti domiciliari e si trova ora sotto processo – da uomo libero – davanti al Tribunale di Reggio Calabria, con rito ordinario. 

L’inchiesta del 2017

L’inchiesta “Metauros” ipotizza per la prima volta il forte interesse del clan Piromalli per il business legato al “ciclo dei rifiuti”. La Dda avrebbe accertato come la costruzione e la gestione dell’unico inceneritore presente in Calabria, in contrada Cicerna a Gioia Tauro, abbia risentito del continuo condizionamento del clan della città del porto.

 

Gli altri imputati sono i fratelli Giuseppe, Domenico e Paolo Pisano – longa manus di Piromalli nel termovalorizzatore – Saverio Fondacaro, Rocco La Valle (ex sindaco di Villa San Giovanni e imprenditore dei rifiuti), Ilenia Giuseppina Coco e Giuseppe Commisso detto “il mastro”.

 

«Una volta la mese – racconta Fondacaro nei suoi verbali - Albanese Ringo… veniva trasferito al carcere di Reggio Calabria e faceva i colloqui con i suoi familiari che portavano le ambasciate di Micu e Mommo Molè (boss ergastolani dell’omonima cosca ndr). Fu lui a dirmi che Luppino era il “ponte economico” dei Piromalli-Molè, avendo costituito credo in un paese dell’America Latina delle società e su dette società trasferiva i soldi dei Piromalli e dei Molè (perché all’epoca i rapporti tra le due ndrine ancora erano buoni). Che Luppino fosse uomo dei Piromalli me lo disse anche Pisano Salvatore (rosarnese conosciuto in carcere da Fondacaro ndr). Per altro Luigi Sorridenti, tempo prima, me lo presentò a casa sua (credo inizio anni 90-91) in occasione della candidatura di Luppino, come “uomo dei Piromalli” e la cui elezioni era voluta da Pino Piromalli detto Facciazza. I Piromalli portavano Luppino, mentre i Molè con Pietro Mesiani sostenevano Cento…».

 

Fondacaro, però, parla soprattutto dei presunti rapporti tra settori della massoneria “deviata” e la ‘ndrangheta.

 

«Successivamente – afferma il pentito - andai con Sorridenti a casa di Luppino per discorrere di una riunione massonica nella locride che era proiezione della P2, presieduta da Giuseppe Strangi, suocero di Ninello Piromalli, figlio di Gioacchino classe 1934. Io e Luppino eravamo “massoni” e “massone” era Luigi Sorridenti. Preciso che io non appartenevo alla massoneria “deviata”. Io ero iscritto a Roma presso la Giustinianea, mentre loro facevano parte di una branca della P2 che si rifaceva al Gran Maestro Licio Gelli ovvero la loggia del “barone Placido”, in cui tempio si trova a Gioiosa Jonica e Siderno».