«Me l’hanno rubato, ucciso e bruciato. E noi aspettiamo giustizia da 17 anni». C’è una disperata urgenza ma anche tenacia nella voce di Mariangela Grillo, madre di Francesco Antonio Giurlanda, scomparso il 27 gennaio 2008 da Soriano Calabro e ritrovato un mese dopo carbonizzato nel bagagliaio della sua Fiat Punto in località “Signoretti-Cuturello” di Gerocarne.

Le speranze di una madre

La signora Grillo ha un solo pensiero in mente che è per lei una piccola fiammella di speranza. E a quella si aggrappa. Si tratta delle dichiarazioni rese durante il processo Maestrale da Oksana Verman che per 17 anni è stata la compagna di Salvatore Pititto, considerato elemento di spicco della ‘ndrangheta di San Giovanni di Mileto.
Verman avrebbe riconosciuto in foto il giovane Giurlanda affermando che sarebbe stato portato da Pititto nella loro abitazione di Jonadi. Non c’era solo lui ma in tutto erano due coppie e una bambina. «Salvatore Pititto – ha riferito la Verman – mi ha parlato solo di lui e mi disse che aveva fatto qualcosa di brutto e lo potevano uccidere».

La collaboratrice aggiunge che il giovane, come riferito da Pititto, non poteva restare a San Giovanni di Mileto perché aveva fatto del male a qualcuno. Qualche tempo dopo sempre Pititto le riferì che quel ragazzo era stato ucciso e lui sarebbe anche andato ai suoi funerali.

«Pititto, se sa, deve parlare»

«Pititto, se sa, deve parlare». La voce della signora Grillo è ferma, ritorna al giorno in cui ha visto per l’ultima volta il suo ragazzo prima che uscisse per andare in piazza e per non tornare più: «Era bello come un fotomodello… Dopo un mese l’ha trovato un uomo che passava col trattore nelle campagne di Gerocarne, era in macchina, era nel suo cofano. Aveva avuto due colpi uno all’addome e uno alla testa. Noi non lo abbiamo visto, lo avevano bruciato. Ce lo ricordiamo com’era».

Che il corpo appartenesse effettivamente ad Antonio Giurlanda lo si apprenderà dall’esame del Dna.
Francesco Antonio Giurlanda, nato nel 1979, era il terzo di quattro fratelli, «l’unico maschio… andava pazzo per le tre sorelle – racconta la mamma –. Guidava il pulmino per portare a scuola i bambini. Non mi ha mai dato problemi. Me l’hanno rubato, ucciso e bruciato. Pititto deve parlare. Noi vogliamo che la legge ora spinga per prendere provvedimenti».

L’inchiesta

Un’inchiesta sul caso Giurlanda era stata aperta dalla Procura di Vibo nel 2010. Era stata notificata la chiusura indagini a due indagati, uno di Soriano e l’altro di Gerocarne. Nessun arresto, la richiesta era stata respinta prima dal gip e poi dal Riesame.
Il caso è stato presto archiviato.

Il brindisi della discordia

L’inchiesta racconta che il giorno in cui scomparve, Antonio Giurlanda era stato a un pranzo in un garage di località Colaci, a Gerocarne. C’erano 11 persone a mangiare e brindare. La molla che avrebbe fatto scattare una lite sarebbe stata una discussione nata per via di un brindisi al quale uno degli ex indagati non aveva voluto partecipare, offendendo poi Giurlanda con l’espressione «non ti allargare assai». Altri testimoni raccontano che il ragazzo, muovendosi male probabilmente a causa del vino bevuto, avrebbe fatto cadere dalla sedia la moglie dell’altro indagato. Per sedare gli animi lo zio aveva portato via Giurlanda. Salvo poi tornare sul luogo del pranzo per chiedere scusa all’uomo al quale aveva fatto cadere la moglie.

I rancori per quanto accaduto sarebbero però rimasti nell’aria da entrambe le parti e anche i propositi di vendetta. Antonio Giurlanda quella sera era uscito di casa verso le 18. Le ultime notizia del ragazzo si hanno fino alle 19:30 circa, poi più nulla.
Resta una famiglia che ora spera che le parole di una collaboratrice di giustizia riaprano una pista. Diciassette anni sono infiniti per una madre.