Il calabrese Antonio Seminario resta Gran Mastro del Grande Oriente d'Italia ma la guerra (legale) che spacca la più importante obbedienza massonica del Paese non è finita.

Oggi il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, ha respinto il ricorso cautelare di Leo Taroni, lo sfidante che contesta l'iter con il quale si è arrivati alla proclamazione dell'imprenditore rossanese al vertice del Goi.

 In una prima fase, infatti, la competizione elettorale aveva visto primeggiare Taroni, prima che decine di voti espressi a suo favore fossero annullati per via dell'assenza del talloncino antifrode. Modalità contestata fin dal principio senza che, tuttavia, il collegio tornasse sui propri passi. Le preferenze cancellate hanno cambiato tutto.

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Pochi voti, ma pesantissimi, anzi decisivi. Taroni, che aveva ottenuto 6.482 voti, quindici in più dell'avversario, scende a 6.343 e Seminario lo supera, attestandosi a 6369. Terzo, staccato, resta Pasquale La Pesa, a quota 688. Inevitabile, dunque, lo scontro legale davanti al giudice che, nel primo step, respinge l'istanza di Taroni che attribuisce la decisione a «ragioni di ordine formale».

«È inutile celare l’amarezza per questo esito negativo - commenta Taroni sul canale Telegram Libero Muratore Channel - ma, dopo avere letto la motivazione ed essendoci subito consultati con i nostri legali (ed essendo stati confortati per l’immediato futuro), siamo determinati a proporre subito reclamo al Collegio poiché sono ampi gli spazi per ottenere ragione dal Giudice del Reclamo».

 Tempi brevi (il candidato sconfitto spiega che avvierà l'iter legale «subito dopo Ferragosto»): «Rispettiamo la pronuncia del giudice di prima fase ma non la condividiamo. Quindi la impugneremo immediatamente. Il diritto è dalla nostra parte e abbiamo la volontà e il dovere di affermarlo senza alcun tentennamento. Le guerre si vincono alla fine e non basta certo una battaglia a decretarne le sorti». Dichiarazioni bellicose: per ora, però, sul trono del Goi resta Seminario.