Non si placano le polemiche in riva allo Stretto. Ieri il sindaco Falcomatà aveva annunciato la rimozione della campagna. Successivamente la Chiesa aveva bollato il comportamento del primo cittadino «inappropriato»
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La “censura” da parte dell’amministrazione comunale di Reggio Calabria dei manifesti contro l’aborto finisce nelle aule di giustizia. A scendere in campo la diretta interessata, l’associazione ProVita&Famiglia circolo di Reggio Calabria che fa sul serio e annuncia la volontà di portare in tribunale il comune reggino.
La vicenda
A dare il via alla polemica sono state le dichiarazione del primo cittadino di Reggio, postate sul suo profilo Facebook in cui annunciava la rimozione dei manifesti contro l’aborto dell’Associazione «È una violenza impedire a una persona di scegliere, in modo consapevole e responsabile, nel rispetto della legge. È una violenza non consentire a una persona di avere un’altra idea, un’altra opinione, un altro punto di vista. È violenta una pubblicità il cui messaggio è che non sei padrona di te stessa».
Ed era stato lo stesso sindaco a preventivare la possibile denuncia per censura, poiché aveva aggiunto «Non si può fare – mi è stato detto – ci esponiamo al rischio di finire in tribunale. Ho risposto che sarò contento di spiegare a un giudice perché quel messaggio è violento».
La risposta della Chiesa e associazioni
Nel pomeriggio invece era stata la Chiesa reggina a prendere le distanze dal comportamento del sindaco, giudicandolo «assolutamente non condivisibile e inappropriato». Adesso a prendere la parola è l’associazione che quei manifesti li ha voluti e pagati.
Le accuse al sindaco Falcomatà sono di portare come modelli di riferimento «la Corea comunista, la Cina e magari la ex Unione Sovietica ma l’Italia non è uno Stato totalitario! Anche se a lei la cosa pare non piaccia perché probabilmente preferirebbe la “dittatura del proletariato”, l’Italia è una repubblica democratica che nella sua Costituzione sancisce la libertà di espressione e tutela il pluralismo delle idee».
Torna sui fatti il circolo «Lei arbitrariamente ha fatto coprire i nostri manifesti come nei migliori regimi totalitari, non curante che gli stessi siano stati regolarmente affissi con tanto di bollo comunale e che, per sua ammissione, la censura non era praticabile. Ebbene lo ha fatto ugualmente ergendosi sopra le regole democratiche, ma caro sindaco di cosa ha paura? Che le donne sia informate su cosa sia l’aborto?».
E poi la chiosa «non potrà fermare il nostro impegno a favore della #vita come non potrà fermare le ormai migliaia di condivisioni sui vari social tanto che ormai il nostro manifesto e il suo messaggio pro-vita sono sulla bocca e sui cellulari di tutti! Il suo è grave atto e noi saremo sempre dalla parte delle donne e a difesa della vita».
Infine il circolo chiarisce gli intenti «Ci vedremo presto in Tribunale, quando dovrà spiegare le ragioni della sua intolleranza ideologica! Magari, caro sindaco, a sua difesa chiederà al magistrato di mandare tutti i pro-life e coloro che la pensano diversamente da lei al confino o in un gulag?».