VIDEO | Succede a Tropea dove una donna originaria della Bielorussia dopo essere stata lasciata dal convivente non ha un tetto sulla testa né un’occupazione
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Nasconde il suo volto solo per proteggere sua figlia di appena nove anni. Da due settimane non ha più una casa. Il compagno, dopo un anno di convivenza, ha deciso di lasciarla. La sua odissea inizia un mese fa, durante una vacanza in Bielorussia, dove vive la sua famiglia d'origine. Un litigio, uno dei tanti ammette lei, e la decisione del compagno di chiudere la storia. Intenzione che Maria (nome di fantasia) ha scoperto solo il giorno del rientro a Tropea: «Erano le 23.30 e davanti casa abbiamo trovato una valigia nera e una scatola di plastica con i vestiti e i quaderni di mia figlia. Ho provato a bussare. Non avevo le chiavi. Nessuna riposta. Quella notte l'abbiamo trascorsa dai vicini di casa». Mamma e figlia in mezzo a una strada nella disperazione più totale.
I giorni successivi hanno pernottato in un B&B della zona per poi essere ospitate in casa dell’assessore ai sevizi sociali del comune di Tropea, che non è rimasta indifferente a una situazione così drammatica. Ma è una soluzione tampone. Non possono restare a lungo in quell’appartamento.
Ha accettato la fine della relazione, e ora chiede solo il tempo di trovare una sistemazione alternativa e soprattutto un lavoro per mantenere in modo dignitoso la bambina. Lei è laureata. Conosce diverse lingue. Ha lavorato in diversi settori, anche in quello alberghiero. Chiede aiuto. «Il tempo necessario per potere ricominciare daccapo. Per trovare un lavoro, una nuova casa. Il tempo per fare terminare la scuola a mia figlia. Non chiedo altro. Chiedo i diritti di una donna. Non di una moglie. Ma di una donna che ha amato e che si è presa cura di quell'uomo che oggi la rinnega» racconta.
Resta il fatto che una mamma con una figlia di 9 anni non può essere lasciata al proprio destino. Sole in una città straniera. Non è una questione legale. Non per noi. È una questione di coscienza. Di umanità.