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Ammette parzialmente le proprie responsabilità, uno dei principali indagati nell'inchiesta Mala Sanitas: quella con cui la procura di Reggio ha scosso il mondo della sanità reggina arrestando quattro medici e interdicendone sette dalla professione. Per loro l'accusa è di aver coperto errori medici con false dichiarazioni sulle cartelle cliniche.
Per i quattro arrestati, invece, vi è un'accusa più grave: quella secondo la quale proprio Alessandro Tripodi, aiutato dai colleghi, avrebbe interrotto la difficilissima gravidanza della propria sorella all'insaputa della gestante. Una circostanza che Tripodi, nel corso delle sette ore in cui ha spiegato le proprie ragioni al giudice, non ha negato, al contempo però sottolineando la assoluta gravità delle condizioni del nascituro e dei pericoli per la madre.
Riguardo alle colpe mediche, invece, Tripodi accusa indirettamente l'allora primario del reparto di ostetricia e ginecologia, Pasquale Vadalà. “Non decidevamo noi all'interno del reparto e spesso eravamo costretti a operare pazienti non in condizioni opportune”. Questa la sintesi delle dichiarazioni fiume di Tripodi che scarica la responsabilità sull'ex capo del reparto. Tripodi è stato l'unico indagato a non avvalersi della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio.