La disperazione di Paola Gesualdo, compagna di vita dell’operatore morto nel disastro ferroviario di Lodi: «L’uomo migliore del mondo»
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«Era l’uomo migliore del mondo, meraviglioso. Un padre perfetto». A parlare è la moglie di Giuseppe Cicciù, il macchinista reggino di 51 anni, morto giovedì mattina nello schianto del Frecciarossa, vicino Lodi.
Nel racconto riportato dal Corriere della Sera, la donna, Paola Gesualdo è ancora incredula nella sua casa di Cologno Monzese. Il dolore è troppo forte, la morte del suo Giuseppe è arrivata repentina e inaspettata e poi non è riuscita a dirgli addio un’ultima volta.
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È rimasta lì a vegliarlo nella camera mortuaria di Lodi. Aveva chiesto di vederlo, ma le è stato spiegato che non era possibile. E così anche per i parenti arrivati da Reggio Calabria dove Giuseppe, oltre all’affetto degli amici, ha lasciato soprattutto l’amata madre Elena e le sorelle Teresa e Giusy.
Ma i pensieri della signora Paola tornano al giorno fatale: giovedì mattina era iniziata come una giornata uguale alle altre. O forse no. C’era un particolare che non tornava: il silenzio del telefono. Quel silenzio che suona di inquietante e di inspiegabile. «Giuseppe di solito, ogni volta che lavorava con il primo turno mi chiamava alle sette meno un quarto per svegliarmi e darmi il buongiorno». Invece il telefono giovedì non aveva squillato. E Paola ci aveva pensato e un velo di preoccupazione l’aveva turbata.
Quel particolare però la donna l’aveva messo da parte presa com’era dalla routine, come succede in tutte le case italiane. Si era alzata e aveva preparato la colazione per il figlio quattordicenne. Mentre tutto il Paese assisteva alle immagini del deragliamento del treno, in quella casa la televisione era spenta.
E poi di corsa a scuola. L’ha saputo solo alle otto, di ritorno, quando ormai la notizia con i nomi dei due macchinisti deceduti nel disastro si era diffusa. Quando lo sconforto si era abbattuto nel quartiere di Cologno Monzese, dove viveva la famiglia e, a Reggio, nel quartiere di San Giorgio Extra, dove Giuseppe era cresciuto, grande tifoso della Reggina. Un dolore che ora resta come un amaro nell’aria. Un manto nero di tristezza della città dello Stretto che perde anche lontani e in modo tragico i suoi amati figli.