Il rapporto tra l’ex finanziere D’Alessandro e l’ex assessore regionale Dattolo (oggi sindaco di Rocca di Neto) è il cuore di una corposa informativa della Guardia di finanza. La ditta “amica” inserita nei lavori della metro leggera nel capoluogo e la foto compromettente degli imprenditori agitata per ottenere in cambio la propria fetta del subappalto
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«Se era intercettato, e viene lì e ci vedono, fanno fotografie, e chissu ca è colluso cu la Sacra Corona? Chi cazzu nni sai?». Per Alfonso Dattolo il rapporto con Ercole D’Alessandro è imprescindibile. Il primo è un ex assessore regionale: all’acme del potere fu travolto dallo scandalo Rimborsopoli, dopo alcuni anni da consulente d’impresa è rientrato in politica e oggi è il sindaco di Rocca di Neto. D’Alessandro, invece, è – stando alle accuse della Procura di Catanzaro – una sorta di centrale di dossieraggio: finanziere di lungo corso, ottiene schede dalle banche dati delle forze dell’ordine per passare le informazioni riservate agli amici. Qualche informazione la tiene per sé: in un caso l’avrebbe usata per ricattare un gruppo di imprenditori che, qualche tempo prima e grazie alle sue entrature in Regione, avrebbe fatto entrare nei lavori della metropolitana leggera di Catanzaro.
Gli appalti nel mirino tra Catanzaro e Vibo Valentia
Il rapporto tra Dattolo e D’Alessandro è il cuore di una corposa informativa della Guardia di finanza di Catanzaro finita agli atti del procedimento che ha messo nel mirino il sistema guidato dall’allora manager pubblico Domenico Pallaria: un gigantesco quanto presunto scambio di favori – riferito alla passata legislatura – con la Regione Calabria al centro. Sono 31 gli indagati, con nomi eccellenti della politica e della dirigenza della Cittadella regionale.
In oltre 1200 pagine i militari analizzano la capacità del sistema di ricavare favori per le imprese amiche e ipotizzano che D’Alessandro avesse messo gli occhi su tre appalti: quello già citato per la metroleggera del capoluogo, la realizzazione della nuova Procura di Catanzaro nel vecchio Ospedale militare e i lavori di rifacimento di viale Affaccio a Vibo Valentia. Soltanto il primo caso è finito nella chiusura indagini dell’inchiesta di cui LaC News24 ha dato notizia lo scorso 19 febbraio. Per gli altri il presunto intervento non si sarebbe concretizzato per diversi motivi ma l’interesse, secondo gli investigatori, sarebbe stato chiaro.
L’ex finanziere al centro di una rete di politici, imprenditori e manager pubblici
Il filone nasce dall’inchiesta Basso Profilo (al termine del processo l’ex finanziere è stato condannato a 6 anni e 8 mesi) ed evidenzia che «D’Alessandro si è prestato a svolgere attività extra-professionale, ovviamente in forma occulta, ovvero ha millantato l’influenza della propria persona per il perfezionamento di varie procedure a evidenza pubblica». Di più: l’ex militare sarebbe stato «il nodo nevralgico di una fitta rete di personaggi politici, imprenditori, dirigenti pubblici, professionisti e altri faccendieri, che si sono interfacciati» con lui «per il conseguimento di vicendevoli utilità di varia natura».
«L’influenza» di D’Alessandro sarebbe stata la sua divisa, assieme alla possibilità di ottenere informazioni riservate. L’ipotesi è chiara (e andrà ovviamente provata nelle aule giudiziarie): dossier in cambio di una certa libertà d’azione su appalti e subappalti.
Dattolo entra nella storia come referente regionale di un grosso consorzio di imprese: la sinergia tra i due protagonisti avrebbe, appunto, messo nel mirino tre procedure di gara. Per la metro leggera i due si sarebbero mossi per favorire una famiglia di imprenditori del Crotonese «attivando l’influente dirigente regionale Domenico Pallaria» che si sarebbe rivolto a un collega che non risulta indagato.
Le millanterie di D’Alessandro su Gratteri
Riguardo ai lavori dell’ex Ospedale militare di Catanzaro, per i suoi ex colleghi D’Alessandro avrebbe «millantato di essere stato l’artefice dell’iniziale affidamento in favore del raggruppamento di imprese di cui faceva parte il consorzio sponsorizzato da Dattolo». Le millanterie si sarebbero spinte addirittura fino al punto da far nascere nei contatti dell’ex militare «la convinzione di essere intervenuto presso il procuratore della Repubblica di Catanzaro (che all’epoca era Nicola Gratteri, ndr) per far sì che venisse loro aggiudicata la procedura di gara (affidamento, poi, non perfezionatosi)». Questo preteso rapporto con Gratteri sarebbe stato usato anche per carpire le informazioni riservate: «È interesse del dottore», diceva D’Alessandro, come sottolineano le motivazioni della sentenza di condanna.
E anche dopo il proprio congedo e l’ingresso nel settore della vigilanza privata, D’Alessandro sarebbe stato «in grado di assicurare a Dattolo il proprio contributo, acquisendo informazioni riservate dalle banche dati sul conto delle altre aziende concorrenti nella procedura di gara».
I rapporti con politici e pubblici ufficiali a Vibo
Terzo (tentato) intervento: i lavori di messa in sicurezza di alcune aree della provincia di Vibo Valentia. In questo caso, D’Alessando avrebbe «messo a disposizione di Dattolo varie figure professionali al fine di superare gli ostacoli ne di superare gli ostacoli che si frapponevano, di volta in volta, all'affidamento dei lavori». Un procedimento travagliato nel quale l’interesse sarebbe stato quello di favorire la solita ditta del Crotonese. L’informativa fa riferimento a rapporti con tre politici vibonesi e «pubblici ufficiali del territorio» per uno dei quali si parla addirittura di corruzione e di una mazzetta da 20mila euro. Questo filone vibonese non compare nella chiusura indagini dello scorso febbraio. Il tentativo di condizionamento, peraltro, si sarebbe fermato sia per inerzie burocratiche che per «l’effetto dirompente» dell’inchiesta Rinascita Scott che «ha di fatto impedito la realizzazione dei propositi» del gruppo.
La foto compromettente per minacciare gli imprenditori crotonesi
Riguardo alla metro leggera, i finanzieri monitorano giorno per giorno l’evoluzione del subappalto e i ritardi nelle promesse pattuite tra gli imprenditori vicini a Dattolo e D’Alessandro. Che dopo una lunga attesa si spazientisce: l’amico cerca di contenerlo ma l’ex finanziere sceglie una strada che, per l’accusa, conosce bene: confeziona un mini dossier. Dice, infatti, di essere in possesso di una foto che proverebbe «la sussistenza di legami» tra la famiglie crotonese di imprenditori «ed esponenti della criminalità organizzata». Agita per giorni la minaccia fino a quando mostra la foto a Dattolo che ne parla con gli amici. Il materiale gli sarebbe arrivata da un imprenditore di Catanzaro e dovrebbe servire per mandare chiaro il messaggio: vi ho fatto avere lavori a sei zeri, devo essere ricompensato. Il tentativo non ha un successo strepitoso. Dattolo, però, cerca di far capire ai crotonesi inadempienti che con D’Alessandro è meglio avere buoni rapporti. Meglio pagare la quota concordata perché «se quella fotografia fosse arrivata all'attenzione di qualcuno, intendendo con ogni probabilità un magistrato o comunque un operatore di polizia giudiziaria, le conseguenze sarebbero state ben più onerose da sanare».
«Chilla persuna – cioè D’Alessandro, spiega Dattolo – è irrinunciabile, quindi in un modo o nell’altro lo devo accontentare». Che sia per i contatti alla Regione o per la capacità di confezionare dossier dal finanziere non si può prescindere.