Ad accompagnare il feretro del giovane maliano ucciso nell'ex fornace di San Calogero dall'ospedale Iazzolino di Vibo i suoi compagni di tendopoli e dell'Usb che ribadiscono: «Non era un ladro come qualcuno vuole fare credere! Era un bravo ragazzo». A salutarlo anche il governatore Oliverio
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L’ultimo viaggio è quello verso la sua terra natale, il Mali. Quella da cui era partito in cerca di un futuro migliore, finendo a lavorare nei campi e a vivere nella tendopoli di San Ferdinando.
Ma Soumaila si era rimboccato le maniche e oltre a spezzarsi la schiena era un attivista per i diritti dei lavoratori affianco all’Usb, cercava di strappare a quella vita di stenti, sottomissione e degrado sé e i suoi compagni.
In Mali avrebbe voluto tornare con un gruzzoletto di soldi per potere offrire un’esistenza degna di questo nome alla moglie e alla sua bambina, ma così non è stato.
Soumalia è partito alla volta di Roma questa mattina all’interno di un feretro dall’aeroporto internazionale di Lamezia Terme dopo avere perso la vita a colpi di lupara nell’ex fornace di San Calogero, nel vibonese, dove era andato con altri due compagni a cercare lamiere.
Ad accompagnarlo stamani nel viaggio, che ha visto la salma partire dall’ospedale Iazzolino di Vibo, i suoi compagni di tendopoli e quelli dell’Usb. Il feretro farà tappa a Roma e poi da lì mercoledì verrà caricato su un volo per il Mali.
Momenti di forte emozione e commozione ma anche di dolore, un dolore lacerante espresso dai singhiozzi dei suoi compagni che ancora una volta hanno tenuto a difendere la sua memoria: «Non era un ladro come qualcuno vuole fare credere! Era un bravo ragazzo». Dopo essersi raccolti in preghiera i suoi amici e compagni della tendopoli hanno trasportato la bara, con sopra adagiata una bandiera dell’Usb, nei magazzini del terminal cargo dello scalo lametino.
«Ha aiutato decine di persone appena arrivate a San Ferdinando che non sapevano dove andare. Nessuno può parlare male di lui», ha detto un altro dei suoi compagni.
A dargli l’ultimo saluto anche il governatore Mario Oliverio.
E ora c’è una giustizia su cui lavorare. Giustizia per Soumaila ma anche per tutti coloro che vivono nella vecchia tendopoli di San Ferdinando in condizioni di degrado estremo, disagio, povertà e carenze igienico sanitarie. Una situazione che non basta più denunciare e raccontare ma che va risolta.