VIDEO | Tante persone per l'ultimo saluto al 37enne morto dopo una lunga battaglia contro un sarcoma. La sua forza e il suo coraggio avevano colpito l'Italia intera. A celebrare il rito è stato don Iannuzzi, il sacerdote che lo accompagnò a New York per l'intervento affrontato con le donazioni: «Non avremmo mai voluto che arrivasse questo giorno, mai»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Soverato ha dato l’ultimo saluto al suo guerriero. Nel cortile del centro giovanile salesiano in tanti si sono stretti attorno alla famiglia di Orlando Fratto per la celebrazione del funerale. Lacrime e silenzi dietro le mascherine e tanta, tanta tristezza negli occhi dei presenti per la dipartita del 37enne, morto dopo una lunga battaglia contro un sarcoma.
Il corteo silenzioso arriva all’ingresso dell’oratorio dove i volontari della Misericordia misurano la temperatura e si assicurano che vengano rispettate le norme anti-covid. A presiedere la celebrazione eucaristica è don Alessandro Iannuzzi, l’”angelo custode” di Orlando, lo stesso che accompagnò il guerriero lungo il suo viaggio della speranza a New York, dove venne sottoposto ad un costoso intervento chirurgico. Fu la generosità dei calabresi e non solo a permettere ad Orlando di poter volare oltre oceano per potersi curare.
La guida spirituale
«Ricordo quel giorno quando in sacrestia si presentò un ragazzo. Inizia a raccontarmi la sua storia. L’ho lasciato parlare. Alla fine mi ha chiesto “don, mi stai accanto?” Dopo aver ascoltato la sua storia l’ho abbracciato, gli ho dato un bacio e gli ho detto: “stai tranquillo, non sei solo”». Inizia così l’omelia di don Alessandro, parroco di Satriano che prosegue: «Lui ha continuato per la sua strada, io ho continuato a fare il prete fino a quando l’11 febbraio, quando il giorno del suo compleanno gli mando un messaggio “tanti auguri”. Da quel messaggio è nata una conoscenza, un’amicizia, una fratellanza. È nata la nostra complicità. All’inzio, quando Orlando ha iniziato a fare i primi accertamenti ho cercato sempre di tranquillizzarlo, poi era lui che tranquillizzava me. Ed è difficile questa sera, sotto questo cielo, dare a lui il mio e il vostro arrivederci. Uno perchè non si trovano le parole, due perché Orlando è stato quella persona che amava vivere, non si è abbattuto davanti a quel nemico che lo divorava internamente ma lo ha guardato in faccia per tante volte. E per tante volte Orlando ne è uscito vittorioso ma quel nemico non si è mai arreso anzi, si presentava sempre più accanito contro il suo corpo, contro la sua persona e non gli ha lasciato spazio per vivere. Orlando non amava la guerra ma ha dovuto combattere con la malattia».
«Orlando era l'uomo della pace»
Il guerriero aveva fatto una promessa a quanti lo conoscevano, aveva promesso che non sarebbe andato via, ha ricordato la sua guida spirituale. «Fino a quando l’altra notte serenamente lo ha dovuto fare». Poi, rivolgendosi a quanti sono stati a casa per un ultimo saluto ha sottolineato: «In questi giorni lo avete visto com’era nella bara, con gli occhi aperti, quegli occhi che ci danno un segnale: lui non è mai morto a questo mondo, ha guardato in faccia la morte ma non le ha permesso di chiudere i suoi occhi. Ha voluto lasciare un segno tangibile di quello che era veramente – ha detto poi il suo amico sacerdote -: Orlando era l’uomo della pace, l’uomo mite, l’uomo che non si arrende davanti alle difficoltà, l’uomo che ha imparato a lottare ogni giorno per la vita e con la vita. L’uomo che ha voluto riaccendere nel cuore dei calabresi, degli italiani e del mondo intero, quello che si era perso: il senso di umanità, il senso di libertà, di solidarietà, di carità fraterna. E Orlando, lasciatemelo gridare questa sera davanti al suo feretro muto, è riuscito ad accendere questo senso di solidarietà e di carità fraterna nel nostro cuore. Grazie, grazie, grazie.. » ha detto accarezzando la bara.
Il viaggio della speranza
«Penso a quella prima operazione oltre oceano a cui tutti abbiamo dato un po’ del nostro – ha proseguito ancora don Iannuzzi - affinchè Orlando potesse riottenere quello che lui voleva. Non vi nascondo l’emozione, quando una sera mi ha chiesto “don, mi accompagni tu in America?” Gli avevo promesso che non lo avrei mai lasciato da solo e insieme alla mamma Cosimina abbiamo intrapreso quel lungo viaggio su quell’aereo che ci portava lontano da questa terra. Era il viaggio della speranza. Un viaggio che ci ha lasciato con il fiato sospeso soprattutto quando abbiamo visto la porta della sala operatoria chiusa per ben 13 ore. E noi lì ad aspettare che qualcuno ci venisse a dire che era andato tutto bene e così è stato. E difronte alle 72 ore di terapia intensiva previste, lui ha aperto gli occhi e ci ha sorriso dopo sole 24 ore. Quanta forza in questo ragazzo, in quegli occhi che nonostante fossero segnati dal dolore e dalla sofferenza erano ricchi di speranza. Trovava sempre parole dolci, trovava la forza di affrontare la vita anche quando la vita lo aveva segnato e aveva messo sotto i piedi la dignità, lui era lì a combattere».
Il giorno del distacco
«Non avremmo mai voluto che arrivasse questo giorno, mai. Il giorno del distacco. Ce l’aveva promesso: non vi lascerò mai. E invece.. Quando ci sentivamo con Cosimina dicevo “mamma mia, quanto è lunga la salita verso il calvario”. Perché ogni volta che chiamavo non ricevevo mai belle notizie. Sempre peggio. Dolori atroci, sofferenze. Ora davanti a voi permettetemi di chiedere perdono ad Orlando se non sono riuscito a fare di più, se non sono riuscito ad essere come lui forse mi voleva. Però sono certo che Orlando oggi vuole dire a ciascuno di noi Grazie. Lo dice a voi particolarmente. Grazie a tutti perché gli avete dato la possibilità di una seconda vita. Grazie a tutto il personale medico, paramedico, agli infermieri che con amore hanno alleviato le sue sofferenze. Prima che Orlando entrasse in sala operatoria, io, lui e la sua mamma facevamo sempre una preghiera, sempre. E il conforto spirituale non gli è mai mancato. Mi ha colpito quando in America entrando in sala operatoria disse: “Dio mio, mi affido a te”. Che bella testimonianza che ci ha dato. Grazie Orlando”.
Saluto commosso
Commosso, rivolgendosi al guerriero, don Alessandro ha proseguito: «Oggi non ti lasciamo, il don continua a starti vicino come ti staranno vicino mamma, papà i fratelli e le sorelle. Ma fatemi ricordare una delle sorelle che per colpa di questo virus non è potuta venire dalla Francia e piange da lontano questo fratello, è Angela. Facciamole sentire il nostro cordoglio, il nostro calore, la nostra solidarietà». Don Alessandro ha poi voluto concludere con queste parole la sua omelia, come se a parlare fosse lui, il guerriero rivolgendosi ai presenti: « “Ascolta il vento, lui sa che oggi ti lascio ma ti prego, non piangere, io vado per la mia strada. Guarda le stelle su nel cielo, splenderanno ovunque e io sarò la tua guida. Non sarò troppo lontano fino a quando tu mi ricorderai”. Arrivederci in paradiso Orlando e grazie ancora di tutto, ti vogliamo bene».
Ciao Orlando
Ai piedi della bara, seduta a terra durante la santa messa, la sorella Luna quasi a voler trattenere Orlando con il suo abbraccio. Al termine della celebrazione un tappetino musicale con i brani preferiti dal guerriero ha fatto da sottofondo al saluto dei suoi amici centauri: circa 30 motociclisti hanno reso omaggio al combattente con il rombo dei motori, sua grande passione insieme a quella per il mare, mentre in cielo volavano liberi palloncini bianchi. Orlando resterà nel cuore e nella mente di quanti lo hanno conosciuto quale esempio di forza, coraggio e attaccamento alla vita.