«L’associazione a delinquere? Stavamo solo valutando come utilizzare al meglio delle risorse. Ho agito per ideale politico e senza interessi». In apertura della nuova udienza del processo in corso a Locri, sono arrivate le dichiarazioni spontanee di Mimmo Lucano, l’ex sindaco di Riace alla sbarra insieme ad altri 25 imputati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestine, truffa e abuso d’ufficio sulla gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati. In aula, davanti al giudice Fulvio Accurso, Lucano ha ripercorso la sua esperienza con gli immigrati iniziata da quel famoso sbarco nel 1998. «All’epoca - ha riferito l’ex primo cittadino - l’accoglienza è stata gestita solo con l’aiuto della Croce Rossa. Abbiamo spontaneamente messo in atto il recupero delle case del borgo, compiendo un gesto normale, senza essere professionisti dell’antimafia».

 

Lucano ha puntato il dito contro la Prefettura e il Viminale, rimarcando le «continue e pressanti richieste in momenti di emergenza. Io le ho assecondate perché quella gente aveva bisogno. Ho detto sempre sì, perché vedevo che Riace stava crescendo». L’ex sindaco davanti ai giudici ha ribadito la sua estraneità ai fatti contestati. «La concussione? Non sapevo neppure il significato del termine. Poi ho capito che l’ho subita».

 

Nel corso dell’udienza il collegio locrese ha rigettato le eccezioni sollevate dalle difese circa l’utilizzo di alcune intercettazioni. È stato inoltre conferito un incarico peritale ad un esperto che procederà alla trascrizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali indicate dal pubblico ministero.