In un'intervista alla Stampa Luigi D'Alessio, pur riconoscendo la pesantezza della pena, mette a tacere chi si scaglia contro la magistratura: «Il processo è basato su carte difficilmente controvertibili, non su testimoni più o meno credibili». E sull'ex sindaco di Riace: «Bandito idealista»
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È destinata a tenere banco ancora per parecchio la sentenza del Tribunale di Locri che condanna a tredici anni e due mesi di reclusione Mimmo Lucano, l'ex sindaco di Riace ritenuto colpevole di illeciti in relazione ai progetti di accoglienza dei migranti e accusato, tra l'altro, di associazione a delinquere e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Una condanna pesante che ha generato non poche polemiche e anche tante dita puntate contro la magistratura.
A intervire sul punto, in una intervista pubblicata da La Stampa, anche il procuratore di Locri Luigi D'Alessio, che difende il lavoro dei suoi non mancando di lanciare qualche strale contro Lucano, definito un «bandito da western»: «Idealista, improvvisamente issato su un piedistallo, ubriacato da un ruolo più grande di lui, inconsapevole della gravità dei suoi comportamenti, forse guidato da altre persone - dice D'Alessio -. Ha pensato di abbinare un’idea nobile a una sorta di promozione personale e sociale. Non è Messina Denaro, ma ha inteso male il suo ruolo di sindaco, proclamando “io me ne infischio delle leggi” e ostentando una scarsa sensibilità istituzionale tradotta in una serie impressionante di reati».
La procura di Locri invero aveva chiesto per Lucano 8 anni di detenzione, considerando inoltre tutti i reati in continuazione. Ma la decisione del Tribunale è stata un'altra, giungendo così ad una sentenza pesantissima per cui lo stesso D'Alessio la sera della pronunzia dei giudici si era detto «umanamente dispiaciuto». Un punto sul quale non arretra, tant'è che oggi a La Stampa dice di sperare che in Appello la pena venga ridotta. Eppure i reati ci sono, afferma, e alcune polemiche sono incomprensibili visto che «il processo è basato su carte e fatture false difficilmente controvertibili, non su testimoni più o meno credibili».
A chi li accusa di aver messo sotto inchiesta l'accoglienza dei migranti, D'Alessio risponde schietto: «Non è così, solo la modalità di gestione in violazione della legge. Non avremmo dovuto farlo? E perché? Lucano è al di sopra della legge? O chiunque può commettere qualsiasi reato purché a fin di bene?». Per poi spiegare che Lucano ha effettivamente avuto «una mirabile idea di accoglienza», però gestita male - dice - e riservata a soli pochi eletti: avrebbe mantenuto a Riace sempre gli stessi migranti, senza alcun avvicendamento periodico, «e gli altri li mandava nell’inferno delle baraccopoli di Rosarno».
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