La procura generale della Cassazione ha chiesto il proscioglimento dell'ex procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Vincenzo Luberto. Un altro tassello che si aggiunge in una vicenda che ha assunto contorni giudiziari, ormai definitivamente sepolti, e contestualmente quelli disciplinari, ancora in corso. La sezione disciplinare dovrà riunirsi per accogliere o meno le valutazioni in fatto e in diritto formulate dalla "pubblica accusa".

Le incolpazioni, che per la procura generale vanno archiviate una volta per tutte, sono sostanzialmente diverse dal primo filone disciplinare, quello riguardante le accuse mosse dalla procura di Salerno, crollate sia in primo che in secondo grado. La prima parte del giudizio togato si concluderà nelle prossime settimane. Qui invece si parla di altre condotte non rilevanti, secondo la procura generale della Cassazione, dal punto di vista disciplinare. Tra queste, il fatto che Luberto abbia evitato di indagare su Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio.

Sul punto, la procura generale scrive: «La direttiva relativa al mancato inserimento delle conversazioni relative ai parlamentari nelle richieste di proroga, in particolare, era stata promossa dal sostituto procuratore Domenico Guarascio, collega di Luberto, il quale, dopo che nel corso delle captazioni erano emersi dialoghi durante i quali alcuni soggetti si proponevano di fare regali a politici locali come Aiello e Bruno Bossio, aveva prospettato il tema del rispetto dell'art. 68 della Costituzione. Tale decisione esclude la sussistenza dell'illecito disciplinare».

Inoltre, per la procura generale della Cassazione, Vincenzo Luberto non ha rivelato alcuna notizia riservata a Ferdinando Aiello sul fatto che fossero state avviate dalle indagini nei confronti di Eugenio Facciolla, già procuratore capo di Castrovillari, e del poliziotto Vito Tignanelli. «Il collegio di merito - scrive la procura generale della Cassazione - ha aggiunto che, anche a voler ritenere utilizzabile la conversazione captata, dovrebbe comunque concludersi nel senso dell'impossibilità di configurare il reato di rivelazione di segreto d'ufficio contestato, sia perché le notizie erano divenute, tramite articoli di stampa, di dominio pubblico, sia perché, dal tenore della conversazione, emerge chiaramente che Aiello era già venuto a conoscenza di tali notizie tramite propri canali».

Nessuna responsabilità, a maggior ragione, sulla sussistenza dei reati di corruzione, di omissione d'atti d'ufficio e di favoreggiamento, già esclusi dai giudici di merito. E ciò non ha reso configurabile l'illecito disciplinare. È emerso, tra le altre cose, che rispetto alle vacanze fatte con Aiello, il procuratore Luberto, oggi in servizio presso la procura generale di Reggio Calabria, non fosse a conoscenza di quei pagamenti, dunque nessuna remunerazione illecita, evidenzia la procura generale della Cassazione.

Infine, dalla richiesta presentata dai magistrati di Roma alla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, viene ribadito il fatto secondo cui Luberto, fino al 12 marzo del 2015, non aveva alcun obbligo di astensione dal momento che non sussisteva alcun rapporto del magistrato con l'allora esponente del Pd, Ferdinando Aiello. Nel periodo successivo, invece, non sussistevano i presupposti per l'astensione «in quanto Aiello non era indagato».

In seguito, ricorda la procura generale della Cassazione, Luberto «non aveva più potuto avere alcun accesso ad informazioni relative al procedimento», essendo stato disposto uno stralcio dal procedimento originario dopo una nota, «indirizzata al procuratore della Repubblica Nicola Gratteri dal sostituto Guarascio, il quale aveva esternato il suo "disagio" a proseguire le indagini con Luberto». Per questi e altri motivi, la procura generale chiede di non proseguire nel secondo filone disciplinare. Parola dunque ai giudici del Csm.