L’orco è un balordo incapace di contenere i suoi impulsi, raccontano le carte giudiziarie. «Ti taglio la testa», le diceva quando si rifiutava di soddisfare le sue agghiaccianti perversioni. La vittima, il Cristo di questa storia atroce, è la nipotina di soli dieci anni, costretta a subire, sin da quando ne aveva otto, abusi sessuali e violenze fisiche inenarrabili da un articolo di stampa, ma drammaticamente raccontate dal suo corpicino innocente e violato. L’angelo è una maestra, capace di cogliere il disagio della piccola, di conquistare il suo affetto, la sua fiducia, di farsi raccontare una desolante via crucis fermata alla vigilia della Santa Pasqua.

Deve stare in carcere

La denuncia viene resa dalla docente alla Squadra mobile di Vibo Valentia l’1 aprile. Gli agenti del questore Raffaele Gargiulo, coordinati dal procuratore capo Camillo Falvo e dal pm Maria Cecilia Rebecchi, chiudono un’indagine lampo, grazie all’indispensabile contributo di una psicologa della Polizia di Stato. Meno di due settimane bastano ai magistrati per richiedere la misura restrittiva a carico dell’indagato. L’ordinanza reca la firma del gip Francesca Del Vecchio, che riconosce la pregnanza degli elementi indiziari acquisiti dagli investigatori e le esigenze cautelari: l’orco non ha ancora compiuto settant’anni, quindi per la legge può starsene in galera affinché eviti di reiterare le sue condotte.

Le tane dell’orco

È un paese del Vibonese il calvario teatro di un caso sconvolgente, che per lungo tempo si è consumato in un silenzio sul quale Procura e Polizia di Stato, che mantengono il più stretto riserbo, continueranno ad indagare. Il nonno la picchiava, le strappava i capelli, la prendeva a pugni, la minacciava, la costringeva a subire continuamente atti sessuali tremendi, provocandole anche delle emorragie. Si recava a prenderla a scuola, la conduceva in luoghi isolati e qui dava soddisfazione alle sue voglie. Altre volte la tana dell’orco era una casa da lui costruita o un’auto abbandonata. Non frenava i suoi impulsi neppure in presenza delle sorelline più piccole della vittima o della madre.

Il coraggio della sua maestra

Un’infanzia violata da un supplizio terminato, come premesso, grazie alla sensibilità ed al coraggio di una maestra, che si reca dalla Polizia, sostenuta senza remora alcuna sia dalla dirigente scolastica che dal resto del corpo docente. L’insegnante si era accorta della tristezza di quell’alunna così taciturna, che tendeva ad estranearsi dai compagni. Aveva compreso che c’era un male enorme che gravava come un’ombra su quella bambina ed iniziò ad indagare. Un giorno la conduce in un locale della scuola, la sprona a confidarsi. La piccola supera l’iniziale diffidenza e inizia a parlare. Quel racconto viene registrato da uno smartphone e la traccia audio diventa fondamentale per dare avvio alle indagini. La bimba dice di aver provato a parlarne con alcuni familiari, ma dice anche di non essere stata creduta. Dice che perfino la madre sarebbe in possesso di un video che comproverebbe gli abusi. E che lei stessa avrebbe provato anche a proteggere le sue sorelline. Davanti alla psicologa della Polizia di Stato la ricostruzione dei fatti è identica, coerente e circostanziata.

I video girati dalla madre per provare gli abusi

Anche la madre viene interrogata. Afferma di aver filmato il suocero mentre si masturba davanti alla figlioletta. Sostiene di averlo affrontato. Solo due giorni dopo essere stata interrogata, anche la madre della vittima sporge formale querela. I video girati dalla madre, d’altronde, sono quattro e tutti conservati sul telefonino del padre. Scrive il gip Francesca Del Vecchio: «Ne emergeva un quadro univoco e privo di contraddizioni, dal quale si evinceva un perpetrarsi, costante e reiterato, di abusi a danno della piccola, tutti drammatici, ma alcuni caratterizzati da sconcertante gravità e inspiegabilmente tenuti nascosti dalla compagine familiare sino dalla denuncia dell’insegnante». Solo in tempi più recenti, indotti dal timore che anche le sorelline più piccole della vittima fossero state testimoni delle perversioni del nonno, i familiari avrebbero allontanato di casa l’indagato, il quale avrebbe comunque proseguito nelle sue condotte.

Referti medici come un diario dell'orrore

Agli atti dell’inchiesta, tracce audio e video, verbali di sommarie informazioni testimoniali, ma anche referti medici: della pediatra, del Pronto soccorso, la cartella clinica di un ricovero risalente al novembre del 2020 ed un ultimo, recentissimo, avvilente ma necessario esame ginecologico. Vengono cristallizzati, così, fatti di «straordinaria gravità e violenza», scrive il magistrato che ha liberato questa creatura innocente da un’indegna prigionia. Ma che vi siano stato «danni gravi» emerge anche dai sentimenti della bambina che «si sente in colpa e crede di poter causare la “rovina” della famiglia e teme di essere cacciata via per tale vicenda.