«L’omicidio del giudice Scopelliti fu un favore fatto dalla ‘ndrangheta a Cosa nostra. Se la sono sbrigata i calabresi, ossia i referenti che erano le famiglie Piromalli e Mancuso. Questa è una cosa che ho saputo direttamente. Non conosco chi sia stato l’esecutore materiale, ma so che è un favore fatto per volere di Salvatore Riina e della commissione».

È quanto afferma il pentito Francesco Onorato, uno dei killer di punta di Cosa nostra. Fu lui, infatti, l’esecutore materiale del politico DC Salvo Lima, «ucciso perché non aveva mantenuto gli impegni per quanto riguardava la sentenza del maxi processo».

Sentito dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, Onorato ha ripercorso la sua carriera criminale, spiegando di essere stato affiliato nel 1980 nel mandamento di Resuttana.

Politici nel mirino

«Doveva morire anche Andreotti con il figlio, così come Martelli, Calogero Vizzini, Mannino. Tutti questi politici che convivevano con Cosa nostra. Tutti dopo la sentenza del maxi processo, per non aver impedito che la sentenza passasse in giudicato». Onorato fa i nomi dei politici che dovevano essere uccisi per mano dei killer siciliani, in virtù dell’esito del maxi processo, lo stesso che il giudice Scopelliti avrebbe dovuto sostenere in Cassazione, quale sostituto procuratore generale.

I rapporti con i calabresi

Onorato spiega ancora che il referente calabrese dei siciliani era Paolo De Stefano che «aveva un bel carisma, era voluto bene». Dopo il suo omicidio, subentrano i Piromalli e i Mancuso. Tutti con doppia affiliazione. Ed è proprio in virtù di questi rapporti reciproci che Cosa nostra chiese alla ‘ndrangheta di uccidere il giudice nel 1991.

Rammenta poi la stagione delle stragi, della quale si parlava quando lui era in carcere.

I nuovi referenti politici

Su domanda del procuratore Lombardo, Onorato ricorda come sia prima della sua carcerazione che dopo si parlava dei nuovi referenti politici «I nuovi erano Berlusconi e Dell’Utri. Si parlava di votare Berlusconi che poi si interessava della nostra situazione». Secondo il pentito ci si attendeva cambiamenti da un momento all’altro anche per quanto concerne il 41-bis. «A me non l’hanno dato e mi hanno detto che mi è andata bene».

 

LEGGI ANCHE: