«C’è Paolo Romeo dietro il progetto politico di Giuseppe Scopelliti. Attorno a lui c’erano situazioni che con la politica non hanno nulla a che fare». Ha un solo problema, Alberto Sarra: riuscire a sintetizzare quel fiume di dichiarazioni che intende sottoporre all’attenzione del collegio che presiede il processo “Gotha”.

Venerdì una nuova udienza nel corso della quale si comprende a piene mani come il calendario stabilito certamente non potrà essere rispettato. Il motivo? L’ex sottosegretario alla Regione intende sviscerare con dovizia di particolari ogni singolo passaggio che gli viene contestato, ma anche tutte quelle dichiarazioni che ha reso al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nel corso di questi mesi. Un intendimento che trova il pieno accoglimento da parte del magistrato, con un invito dal collegio a provare a sintetizzare per esigenze di tempo. Sarra appare perplesso: «Ho atteso da tempo di potermi difendere. Ho fatto il carcere. Oggi ho la possibilità di parlare con documenti alla mano per provare ciò che dico».  Problema subito superato dalla sensibilità del presidente Capone che comprende le esigenze dell’imputato e lo invita a proseguire.

Dal caso Muse alle società miste

Riprendendo le fila della sua prima deposizione, Sarra, difeso dagli avvocati Giuseppe Nardo e Danilo Sarra, ricorda l’esistenza del comitato d’affari che lui ha denunciato e rimarca: «Il caso Muse fu come un primo caso di fissione nucleare che portò poi allo scoppio come le società miste». Pronta la replica del pm: «Ci ha messo molto a deflagrare, circa 15 anni».

Sono ficcanti le domande del procuratore. Vuole sapere nomi e cognomi degli attori di quel disegno messo in atto con il comitato d’affari. Sarra, però, difficilmente fornisce risposte secche. Preferisce articolare. «I nomi stanno tutti all’interno di quella relazione, così come i fatti. Riguardavano un momento di blackout istituzionale importante. C’erano dei campanelli d’allarme che io ho notato perché quando c’è una volontà popolare, nel corso delle elezioni, e si compone una giunta non tenendo conto di quelle volontà, allora per me quello è un campanello d’allarme». Diretta la domanda del pm: «Lei è stato vittima di situazioni simili?». Sarra questa volta è lapidario: «Sì, e non una volta sola». Ma chi ha ideato il comitato d’affari relativo al caso Muse? «È di immediata evidenza che una situazione di questo tipo non può avere un’unica persona che predispone un meccanismo “finalizzato a”, “orientato a”». Sarra allora cita le imprese che fanno riferimento a soggetti politici diversi, fra cui Mallamaci dei Socialdemocratici, ma anche Nucara «che troviamo in diverse occasioni». «In quelle carte ci sono le intercettazioni controindicate. Troviamo tutto questo in quei nomi e nei rapporti che sono stati evidenziati», rimarca l’ex sottosegretario.

Un altro elemento di rilievo portato da Sarra è quello che collega lo scandalo Muse con alcune nomine effettuate all’interno dell’amministrazione comunale dell’epoca. «Troveremo una presenza all’interno dell’amministrazione che richiama dei nomi presenti nel caso Muse. Sono nomi anche di persone che purtroppo non ci sono più, ma che in quel contesto avevano dei ruoli. Faccio riferimento ad esempio a Rizzica, con legami di parentela con gente nominata nel caso Muse e che poi andrà a fare il vice sindaco. È la rappresentazione plastica di una situazione anabolizzata rispetto al mandato popolare».

Alampi e l’intercettazione di Prato

Sarra sposta l’attenzione su colui che sarebbe l’interlocutore privilegiato in tema di società miste: l’imprenditore Matteo Alampi. L’uomo venne intercettato nella famosa conversazione avvenuta nel febbraio 2002 a Prato, assieme al boss don Mico Libri e poi coinvolto nell’inchiesta “Rifiuti”. Il pm, sentendo il nome di Alampi, lo incalza: «Quindi ci sta dicendo che Matteo Alampi avrà un ruolo in quel progetto che parte da Muse?». Sarra non ha dubbi: «Assolutamente sì, lo dico a ragion veduta. Alampi aveva il ruolo di seguire questo percorso dall’inizio, fino alla fase della costituzione. L’accordo non è che sia lui a vincere le gare, anche perché era difficile che potesse avere quei requisiti. Non si richiedeva solo la parte finanziaria, ma anche quella di imprenditore industriale e ciò non era di immediata soluzione». Il risvolto è chiaro per il pm: «Quindi se Matteo Alampi è un soggetto di ‘ndrangheta, le componenti di questo comitato d’affari non sono tre, ma quattro. Non solo politica, pezzi di amministrazione e imprenditoria, ma anche una componente mafiosa di altissimo livello?». Sarra risponde citando il lavoro che lui ha fatto: «Se vi sono campanelli d’allarme, io mi reco in Procura. L’ho fatto, oltre non potevo fare in quel momento».

Germanò e le minacce

Il nome di Matteo Alampi porta ad analizzare altre situazioni rilevanti a giudizio dell’ex sottosegretario: «Ho delle controindicazioni sul nome di Alampi. Sotto l’amministrazione Falcomatà c’erano lavoro che vedevano assegnazioni ricorrenti alla EdilPrimavera. Queste cose furono denunciate dall’assessore ai Lavori pubblici, Franco Germanò. Non è un caso che poi fu fatto oggetto di attentato dinamitardo. Ora – prosegue Sarra – se ci sono quattro attentati che riguardano Germanò, l’auto del dirigente di quel settore; se vengono fatti attentati che riguardano palazzo San Giorgio e quello di via Torrione; tutto questo non può riguardare sicuramente la vita privata di Germanò, ma la sua attività».

Sarra ricorda come l’ex assessore comunale denunciò tutto e chiese al dirigente dell’epoca, Marcello Cammera, che non avrebbe voluto s’invitasse la EdilPrimavera, ossia Matteo Alampi. «Quindi Cammera vuole Matteo Alampi e Germanò no?», incalza il pm. Sarra articola la risposta anche in questo caso: «Cammera dice a Germanò che non può intervenire su questo tipo di situazione, perché – riporta le parole testuali –  “tu hai il controllo e l’indirizzo. Ma io sono il dirigente e le scelte di gestione sono di competenza mia. Tu non puoi intervenire sulla mia competenza”». Secondo Sarra, Germanò «è persona competente, è un urbanista che insegnava ad Architettura. Non lo faceva per invadere competenze di altri, ma perché c’era un indirizzo che ci eravamo dati: del rispetto delle regole. E questo Germanò lo ha pagato con l’esclusione dalla giunta». Franco Germanò, rimarca Sarra, dal punto di vista politico rispondeva proprio a lui. Ed è forse questo il motivo del prezzo pagato all’epoca dall’ex assessore. Lo ricorda bene il pm: «Lei, dopo le denunce del caso Muse, viene ritenuto un soggetto pericoloso e incontrollabile, è così?». Sarra annuisce e rilancia: «Quando mai è successa un’altra cosa così?».

Scopelliti fra ribaltoni e contestazioni

L’imputato Sarra ricorda come quella fu una fase molto calda della vita amministrativa del Comune. «Il sindaco veniva da un risultato importante, anche se la differenza non era stata abissale. Non godeva, però, in quella fase, di una straordinaria popolarità. Siamo nell’arco temporale che va da maggio del 2002 fino al periodo immediatamente successivo all’elezione di Pirilli al Parlamento europeo. In quel frangente il sindaco fu contestato e non godeva di straordinaria popolarità, visti i problemi interni all’amministrazione. Anche dentro An c’era una situazione di disagio, era fisiologico che ci fossero persone scontente.  Scopelliti, fra l’altro, deteneva una situazione che riguardava non solo la sindacatura ma, attraverso Zoccali, teneva in mano in maniera determinata il coordinamento provinciale del partito».

Sarra narra della sua esclusione alle elezioni del 2000, a causa di un sistema elettorale che premiò Pirilli. Poi introduce un argomento particolarmente interessante. «Si proveniva da una situazione anomala. Nel 1995, Scopelliti fu presidente del Consiglio regionale, pur effettuandosi due ribaltoni: la prima volta ci fu il passaggio della presidente da Nisticò a Caligiuri, la seconda volta si passò addirittura dalla parte opposta con Gigi Meduri. Una situazione stranissima: il presidente del Consiglio di uno schieramento e quello della Giunta di segno opposto. Gigi Meduri, fra l’altro, era all’interno dell’ufficio di presidenza prima di diventare presidente della Giunta. Una situazione inaccettabile», rimarca con forza Sarra che poi lancia un messaggio molto duro: «C’è una piattaforma d’interesse attorno a Scopelliti. Lui è il terminale, la punta dell’iceberg».

Chi c’è dietro Scopelliti?

È a questo punto che il procuratore Lombardo inizia con domande a raffica: «Chi c’era dietro Scopelliti? Perché lui diventa l’uomo forte? Perché viene scelto dopo la morte di Falcomatà? Perché incontra delle difficoltà e come queste vengono poi risolte? E ancora: perché nel 2007 è confermato? Perché nel 2010 diventa presidente della Regione? In tutto questo Alberto Sarra, che ha avuto riscontri importanti a livello popolare, rimane nell’ombra. Lei è stato mai convocato a livello centrale, e se sì da chi, per spiegare queste dinamiche?».

Sarra è un attimo stordito. Tutte queste domande insieme non possono richiedere una risposta sintetica. Il problema è che il collegio presieduto da Silvia Capone chiede all’ex sottosegretario di centrare le risposte e non allargarsi troppo. Per lui, però, diventa impossibile rispondere a tali domande senza partire dalla “notte dei tempi”.

«Scopelliti interseca un momento: in tale percorso si avvicinano partiti che erano stati massacrati da tangentopoli, nonché componenti che con la politica c’entrano poco. Nel sostegno a Scopelliti confluiscono una serie di esperienza che poi si soggettivizzano con delle persone politiche e di rilievo istituzionale e appartenenti all’amministrazione. È in quegli anni che si sostanzia un rapporto fra Scopelliti e Zoccali, allora assessore al personale della Provincia. Lui entra nella struttura del Consiglio regionale ed è espressione di un mondo che faceva riferimento alla Dc.

Il circolo, l’associazione e un cambiamento di rotta

Siamo nel 1997 e, nel racconto di Sarra, Scopelliti costituisce un circolo chiamandolo “Primo circolo”, ma anche un’associazione. «Ci sono delle nomine in campo che riguardano quelle di competenza del Consiglio regionale e che coinvolgono un mondo di professionisti che fa capo alla Dc. Ci sono diversi soci all’interno di tale associazioni, come Scopelliti, Zoccali, Lucio Dattola. Tutta una serie di candidature, insomma, partono da quell’esperienza. Io, però, ero estraneo a quell’associazione». E se da sempre la politica di Scopelliti «è improntata alla gioventù», successivamente tra il 1995 e il 2000 «lui sterza perché la sua attività politica si caratterizza per la vicinanza di Quattrone, Nucara e altri. Alcune persone, che fanno riferimento a Nucara, vengono inserite in giunta modificando il dato elettorale. Sono ragionamenti che vanno al di là della politica.

Perché attorno a Scopelliti ruotano situazioni che con la politica non hanno nulla a che fare». «Ma non era suo amico, Scopelliti?», ribatte il pm. E Sarra si ferma un momento: «Sì, era… Ma dopo il caso Muse ce l’aveva con me. Io non lo potevo sapere ancora cosa ci fosse dietro quel caso. Dovevo seguire una linea che era l’accertamento della verità. Quando uno viene indicato come coordinatore della commissione ed è la persona più esposta, ci sono due possibilità: o lo fai perché sei convinto che questi non avrà nulla da dire. Oppure c’è un’altra possibilità: esporlo e puntare poi il dito dicendo che è lui a volere quella determinata situazione». «Quindi – incalza il pm – Sarra in un momento storico viene utilizzato per chiudere la parentesi Falcomatà? E il caso Muse poteva servire a questo?». «Sì – replica Sarra – la sua ricostruzione è corretta. Sono stato utilizzato perché dovevo rimanere coinvolto ed esposto al pubblico ludibrio».

La nuova candidatura saltata

Il racconto dell’ex assessore provinciale torna sulla competizione delle regionali che avrebbe dovuto rappresentare una base di partenza per le successive candidature alle comunali. «Cosa dicono i sondaggi a sei giorni dal voto? Un sostanziale equilibrio fra Scopelliti, Sarra e Franco. Com’è possibile che Sarra rimanga con i voti pronosticati, mentre fra il primo ed il terzo vi è un gap così ampio da diventare inaccettabile rispetto ai rapporti di forza? La verità è che Sarra doveva rimanere fuori e quella candidatura fu fatta per fermare un percorso elettorale. Tanto che nel 2001, scade la consiliatura comunale. Italo Falcomatà viene ricandidato. Nel centrodestra, la candidatura sarebbe dovuta andare a chi era arrivato immediatamente dopo Scopelliti e Pirilli. E invece che succede? Viene candidato Antonio Franco. Non mi chiamarono per dirmi nulla e lì capii che non avrei potuto ricandidarmi al Comune. Così decidemmo, con i circoli che facevano parte del mio mondo, di appoggiare la candidatura di Franco Germanò per evitare una mortificazione ulteriore. Non fui mai risarcito di tutto questo».

“Oracolo” Romeo

Il secondo mandato di Italo Falcomatà finisce prematuramente per la scomparsa del sindaco, arrivando alla sfida del 2002 fra Scopelliti e Demetrio Naccari Carlizzi. «Prima di ciò mi chiesero la disponibilità ad essere candidato. L’avvocato Valentino ne parlò con me. Lui al tempo era sottosegretario alla Giustizia, la figura più importante in Calabria». È a questo punto che Sarra introduce i rapporti fra Valentino e Romeo. «Prima dell’elezione del 2002, Valentino aveva la segreteria nello studio dell’avvocato Paolo Romeo. Tanto che io, per parlare con Valentino, mi recavo nello studio di Romeo. Se non ricordo male lo difese nel processo Olimpia».

La domanda di Lombardo è chiara: «Che rapporto c’era fra Valentino e Romeo?». Sarra non ha dubbi: «C’era sicuramente un rapporto fra avvocato e cliente, ma c’era anche qualcosa che andava al di là. Valentino considerava moltissimo l’avvocato Romeo come una delle menti più lucide di tutti i partiti politici. Era una sorta di oracolo. Tutti andavano a chiedere a lui. Quando andavo a trovare Valentino, credo di poter dire che non ci sia stata persona che non sia andata a chiedere a Romeo consigli o altro. Forse io ho chiesto meno degli altri, per il mio carattere. Gli ho domandato consiglio quando si trattava di capire perché non conoscevo la macchina elefantiaca dell’amministrazione regionale, considerato che contava seimila dipendenti».

Quanto alla comunicazione che Valentino fece a Sarra della sua mancata candidatura, il ricordo non è nitido: «Non ricordo se oltre a Valentino ci fosse anche Romeo, ma non posso escludere che sia stato fatto davanti a lui, considerato che nella quasi totalità dei casi c’era lui lì».

Il ruolo nel progetto politico di Scopelliti

La domanda arriva quasi naturale: Paolo Romeo e Giuseppe Valentino ebbero un ruolo nel progetto di Scopelliti? La risposta di Sarra non lascia spazio a dubbi: «Sì, hanno avuto un ruolo tant’è che Valentino, che era un illustre avvocato e persona di livello dal punto di vista culturale, si confrontava con Romeo che era persona molto capace non solo nel leggere gli avvenimenti politici, ma anche nel capire come costruire una coalizione dal punto di vista politico. Riusciva ad avere una capacità non comune nell’elaborare progetti politici ottenendo risultati vincenti. La coalizione di centrodestra veniva da una batosta subita nel 2001». Lombardo domanda: il merito è di Valentino o di Romeo? Anche qui Sarra si sbilancia: «Dal punto di vista della capacità di sintetizzare le liste obiettivamente non mi sento di dire che Valentino, per quanto stimatissimo, avesse questa capacità di presidiare un percorso politico simile. Lui era un oratore straordinario, ma una tale capacità l’aveva Romeo. Del resto, nel 2002 Valentino è terrorizzato. Si consiglia con Paolo Romeo e il risultato è che ci sono liste che hanno avuto seggi e sulle quali nessuno avrebbe scommesso un euro. Romeo aveva un’ottima capacità di previsione? Sì, ma anche buona lettura dei dati».

Cosa dice, dunque, Valentino a Sarra, quando gli comunica che non sarà candidato a sindaco? «Il ragionamento è che bisognava dare continuità all’attività svolta da Antonio Franco in consiglio comunale. Non mi fu spiegato altro, né mi furono fatti discorsi di prospettiva. Ma era una decisione di chi stava in posizione sovraordinata».

Franco, Fiume e le regionali del 2000

La figura di Antonio Franco, politico e sindacalista scomparso all’improvviso pochi anni fa, è indissolubilmente legata a quella dello zio, Ciccio Franco, leader della rivolta di Reggio. Secondo Sarra proprio questa parentela fece avere ad Antonio Franco un ruolo molto importante dentro An. Tuttavia, quanto alle regionali del 2000, sono le intercettazioni del cosiddetto “caso Reggio” a svelare particolari che l’ex sottosegretario rimarca con più attenzione. Cosa dice Antonio Franco? «Io un giorno spiegherò a Sarra cosa è successo, perché Sarra non sa cosa è successo alle regionali e gli spiegherò che, nell’ultima settimana di quella campagna elettorale, Fiume è uscito a chiedere i voti per Scopelliti a chiunque. È andato Fiume e ha chiesto, anche dove ero stato io, di votare per Scopelliti e non votare per me». Fiume è proprio quell’Antonino Fiume, prima elemento importante della cosca De Stefano e oggi collaboratore di giustizia.

Sarra continua a ricordare come fu deciso da Valentino di costruire lo sviluppo del partito su Scopelliti, Sarra e Franco. Tuttavia per Romeo le cose non stavano proprio così, ricorda l’ex sottosegretario: «Lui diceva che da un lato c’è Scopelliti che si occupa della politica; dall’altro ci vuola una persona che funga da contraltare a Scopelliti e questo può farlo solo Antonio Franco. Perché – si chiede Sarra – Romeo non mi cita neanche? Perché mi danneggia in questo modo? Io in che modo posso avere a che fare, come emerge dalla contestazione, con Romeo che mi ha sempre danneggiato? E non è un episodio isolato». Quanto alle elezioni europee, Sarra tira fuori Romeo da possibili ingerenze: «Un’elezione del genere può dipendere da Romeo? Non può avvenire una cosa simile se non c’è un accordo a livello nazionale, essendoci una circoscrizione che comprende sei regioni».

La deposizione di Sarra è stata poi interrotta per le non perfette condizioni di salute dell’ex sottosegretario, che hanno consigliato un rinvio al prossimo 25 marzo, data comunque in bilico per le disposizioni da Coronavirus. Il processo “Gotha”, infatti, fra pochi giorni, non vedrà più alcun imputato in carcere e ciò consentirà maggiore flessibilità nella trattazione, sebbene il presidente Silvia Capone abbia rimarcato la necessità di concludere al più presto.