C’erano anche Mimmo Lucano e Maysoon Majidi al presidio organizzato fuori dal tribunale di Locri nel giorno in cui è ripartito il processo a Marjan Jamali, la donna iraniana soccorsa lo scorso anno a Roccella Jonica accusata di essere una scafista da tre uomini che avrebbero tentato di violentarla durante il viaggio. Dopo aver trascorso alcuni mesi di detenzione, il 23 maggio scorso il tribunale del riesame di Reggio Calabria le ha concesso i domiciliari, al fine di ricongiungersi con il figlio Farzan, di 8 anni. A sostegno della causa della donna, difesa dall’avvocato Giancarlo Liberati, anche il comitato “Free Marjan Jamali”, presente al palazzo di giustizia locrese con una delegazione.

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«Mi auguro che vengano assolte entrambe – ha espresso l’europarlamentare e sindaco di Riace - e che da questa storia ci sia la possibilità di comprendere fino in fondo che il fenomeno delle migrazioni è un argomento che offenda la coscienza e il senso della legge. Quando avvengono gli sbarchi le Procure devono comprendere che non si possono arrestare le persone sulla base di indizi. Questa ragazza ha fatto un anno di galera in condizioni disumane».

Visibilmente sollevata dopo la scarcerazione, Maysoon spera adesso che lo stesso provvedimento venga adottato per Marjan. «Tutto quello che mi è successo doveva succedere – ha detto - era questo quello che il destino ha deciso per me. Voglio continuare a lottare per difendere i migranti dal regime iraniano. Cosa ho subito? È necessario capire il perché io sia dovuta partire dalla mia terra e cosa mi ha spinto ad essere profuga».

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Presente al sit-in anche il consigliere regionale del gruppo “De Magistris presidente” Ferdinando Laghi. «Ho seguito nel dettaglio la storia di Maysoon e voglio capire cosa bolle in pentola anche per Marjan – ha detto fuori dal palazzo di giustizia locrese - Ho visto che partecipare alle udienze dà una impressione diretta e non filtrata da valutazioni diverse. Ci sono evidenti analogie tra la storia di Maysoon e Marjan, ma non sono vicende collegate».