VIDEO | Il Tribunale di Locri ha rigettato l'istanza di revoca del divieto di dimora presentata dai legali dell'ex sindaco di Riace. Intanto prima udienza oggi anche per altre 26 persone coinvolte nell'inchiesta Xenia: «Sono sereno, siamo obbligati a credere che la giustizia esiste»
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Locri oggi è una città blindata. Qui, questa mattina, davanti al collegio del Tribunale di Locri, Fulvio Accurso presidente, inizierà il processo all’ormai ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, rinviato a giudizio assieme ad altre 26 persone dal gup Amalia Monteleone nell’ambito dell’inchiesta Xenia.
A poche ore dall’inizio del processo per l'ex primo cittadino è arrivata un’altra doccia fredda. Il tribunale di Locri ha infatti rigettato l’istanza presentata dai suoi legali, gli avvocati Antonio Mazzone e Andrea D’Aqua, che avevano chiesto la revoca della misura cautelare del divieto di dimora a Riace: «La misura cautelare è come aver subito una pena prima dell'inizio del processo» - ha dichiarato ai giornalisti appena arrivato a Locri. «Sono sereno, non c'è altra soluzione. Mi rimane la consapevolezza che ci sono tante persone che subiscono cose più gravi e ci sono tantissime persone solidali con me e che condividono con me ideali politici. Inutile negarlo, in questa storia c'entra molto la politica. Io ho scelto di essere vicino alle persone che non hanno voce, immagino sempre una società umana e non disumana. Siamo obbligati a credere che la giustizia esiste, alcune volte sembra che si orienti ad essere alle categorie sociali che occupano posti più importanti».
L'intervista di Ilario Balì:
Il Comitato Undici Giugno
A sotegno di Lucano dopo il rinvio a giudizio è nato il “Comitato Undici Giugno” che ha organizzato per oggi, proprio in concomitanza con la prima udienza del processo, una serie di iniziative a Locri:alle 10.30 presidio in piazza dei Martiri e nel pomeriggio dalle ore 14:00 assemblea presso la Casa della Cultura.
L'inchiesta Xenia
Le accuse contestate dalla Procura di Locri diretta dal procuratore capo Luigi D’Alessio, sono, a vario titolo, associazione a delinquere, truffa con danno patrimoniale per lo Stato, abuso d’ufficio, peculato, concussione, frode in pubbliche forniture, falso e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’operazione è scattata il 2 ottobre dello scorso anno, quando al termine dell’indagine della Guardia di Finanza, Lucano fu posto agli arresti domiciliari con l’accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e fraudolento affidamento diretto del servizio di raccolta rifiuti. Un'indagine nata successivamente ai rilievi della prima ispezione su presunte irregolarità nella gestione del progetto migranti, e che nonostante la seconda ispezione, favorevole al "modello Riace", qualche giorno dopo l’arresto di Lucano ha determinato il ministero dell'Interno alla revoca dei finanziamenti, irrogando 34 punti di penalità, e alla chiusura dello Sprar, con i migranti da trasferire lontano da Riace; esclusione poi ritenuta illegittima dal Tar. Successivamente la misura cautelare è stata attenuata dal Tribunale del Riesame, che sempre nell’ottobre dello scorso anno ha disposto il divieto di dimora a Riace per Lucano, il sindaco che la rivista statunitense "Fortune" aveva inserito tra le 50 persone più influenti del mondo, proprio grazie al modello di accoglienza sperimentato a Riace.
Secondo l’accusa Lucano, nonostante il ruolo istituzionale rivestito, avrebbe organizzato veri e propri “matrimoni di convenienza” tra cittadini riacesi e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Gli elementi di prova raccolti dagli inquirenti dimostrerebbero come l’allora sindaco Lucano, unitamente alla sua compagna Tesfahun Lemlem, avessero “architettato degli espedienti crimonosi, tanto semplici quanto efficaci, volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l’ingresso in Italia”.
Oltre a ciò la Procura contesta irregolarità amministrative e illeciti penalmente rilevanti in merito alla realizzazione del progetto di accoglienza. Argomentazioni, quelle della Procura, che non hanno convinto in toto il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, che ha ritenuto fondate le esigenze cautelari solo per le accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per la frode, evidenziando comunque “i fini umanitari” nell’azione di Lucano. Anche la Corte di Cassazione si è pronunciata a favore di Lucano sulle esigenze cautelari, quando a fine febbraio ha annullato con rinvio il divieto di dimora, poi però riconfermato dal Riesame.
Il ritorno a Riace per poche ore
È servita un’autorizzazione del Tribunale per permettere a Lucano, candidato consigliere comunale, di tornare nella sua Riace per due ore la sera del 24 maggio, per prendere parte al comizio conclusivo della campagna elettorale per la lista civica con candidato a sindaco Maria Spanò, ex assessore proprio nella giunta di Lucano, anche lei indagata (ha ricevuto un avviso di garanzia a una settimana dal voto) in uno stralcio del filone principale dell’inchiesta Xenia. Le urne non l'hanno premiato, Lucano non ce l’ha fatta a rientrare in Consiglio comunale e proprio ieri si è insediato il nuovo sindaco appoggiato dalla Lega, Antonio Trifoli.