«Questo lavoro è sporchissimo, è stressante». Si lamentava Mhamed Andula Tahsin, iracheno, 44 anni, già residente a Crotone. Alle spalle una «ventennale attività nel traffico di migranti» e ritenuto «il più grande trafficante della Turchia». Al telefono si vantava di essere «responsabile degli ultimi sbarchi censiti nel territorio di Crotone», le stesse conversazioni che alla fine lo hanno inchiodato.

Le minacce ad un interprete

Arrestato ieri mattina nell'ambito dell'operazione denominata Levante messa a segno dalla Guardia di Finanza di Crotone in collaborazione con lo Scico e sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro. Gli investigatori, infatti, lo intercettavano da tempo. Da quando, nel novembre del 2021, un interprete curdo iracheno aveva denunciato telefonate minatorie per via della sua attività che avrebbe consentito alle autorità italiane di arrestare suoi connazionali implicati nei traffici di migranti. 

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La povertà in Italia 

Al suo arrivo in Italia «non si poteva permettere neanche di comperare le sigarette» racconta ai suoi interlocutori, sempre intercettato. Poi la svolta, «il suo lavoro di trafficante gli aveva permesso nell'anno 2014 di migliorare la sua condizione economica». In quell'anno, l'organizzazione delle traversate gli avrebbero fruttato ben 65mila euro.

Un lavoro stressante

Eppure si lamentava. Discutendo con Hama Hamid Hussein Hama, 49 anni, iracheno ma residente a Cutro, sulla posizione di alcuni migranti che si trovavano a poche ore da Crotone, si diceva "stressato". Entrambi sono ritenuti oggi dagli inquirenti al vertice e organizzatori dei viaggi della speranza potendo contare su rapporti con referenti esteri, con i responsabili degli uffici Hawala e con i passeur, incaricati di spostare i migranti oltre i confini nazionali.

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I passaporti dei terroristi

Una fitta rete di relazioni, dal Medio Oriente passando per l'Italia e per mezza Europa, per assicurarsi la buona riuscita dell'ingresso illegale dei migranti nel continente: dalla partenza fino al passaggio delle frontiere. Ad esempio, disponeva - secondo quanto ricostruito nelle carte dell'inchiesta - di «moduli in bianco, provenienti dall'Iraq, che venivano utilizzati dalle organizzazioni terroristiche» e che, invece, i trafficanti avrebbero utilizzato per contraffare i passaporti.

1.500 euro a documento falso

Millecinquecento euro a documento falso, Thasin, chiacchierando al telefono, avrebbe anche ricordato il suo passato da distributore di passaporti prodotti in Turchia che gli avrebbero fruttato ingenti somme di denaro. Al telefono dispensava consigli, sulle migliori rotte da seguire per raggiungere agevolmente l'Italia. «La più praticabile è la rotta libica, tendenzialmente i migranti venivano portati al Cara di Isola Capo Rizzuto» e anche le preoccupazioni legate alla sua attività "lavorativa".

Un lavoro pericoloso in Italia

«Questo lavoro è pericoloso qui in Italia» raccontava. «Negli anni passati un amico mio che lavorava qua è stato arrestato e gli hanno dato tre anni di carcere, senza guadagnare, io sono scappato in Bulgaria. Questo lavoro è così, qua è pericoloso, ti scoprono e ti arrestano». Ieri mattina l'amara scoperta.