«Il nostro intento non è puntare l’indice sulle responsabilità dei singoli, sarà la magistratura a individuare chi ha sbagliato quella notte. Il senso della nostra azione è mettere in evidenza tutte le contraddizioni della politica dell'accoglienza nella speranza di poterle correggere. Per questo motivo vogliamo intraprendere un'azione civile nei confronti della Presidenza del Consiglio e dei ministeri delle infrastrutture e dell’economia per ottenere un risarcimento in favore dei sopravvissuti e dei parenti delle vittime». Stefano Bertone è un giovane avvocato di Torino; assieme ai colleghi Marco Bova ed Enrico Calabrese cura gli interessi di una cinquantina di nuclei familiari distrutti dal naufragio di Cutro e oggi, nella conferenza stampa che chiude la tre giorni di iniziative organizzate dalla rete “26 febbraio”, ha annunciato l’intenzione di citare in giudizio alcune tra le massime istituzioni del Paese, colpevoli del mancato intervento di soccorso sul caicco carico di vite umane che si è schiantato su una secca a un passo dalla spiaggia di Steccato di Cutro.

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Una decisione forte – annunciata da una sopravvissuta al naufragio che quella notte maledetta perse l’intera famiglia – «che non vuole risalire alle responsabilità degli ultimi minuti, ma intende ricostruire l’intera vicenda che ha portato alla morte di 94 persone. Per questo motivo vogliamo capire – dice ancora Bertone – se ci sono stati buchi nella catena di informazioni arrivate a Capitaneria e Guardia di finanza. Capire cioè se le nostre forze dell’ordine avrebbero agito in modo differente se fossero state adeguatamente informate».

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Nel mirino degli avvocati quindi potrebbe finire anche Frontex, l’agenzia europea che si occupa di monitorare i flussi migranti in arrivo verso il verso il vecchio continente. «Vogliamo sapere come ha agito Frontex. Sappiamo che l’aereo “Eagle 1” ha individuato il barcone già dalle 17 del giorno precedente alla tragedia e che lo stesso aereo ha segnalato la totale assenza sulla barca di dispositivi di sicurezza basici come i semplici giubbotti di salvataggio e che lo scanner termico suggeriva che sotto coperta ci fossero tante persone stipate una sull’altra. Quello che non sappiamo è che cosa sia successo tra le 17, ora del primo rilevamento della Summer Love, e le 22.35 ora in cui la segnalazione viene inviata alla centrale di Varsavia».