È inedito ciò che sta succedendo in queste ore in Italia. Da una parte il Governo Draghi, che conferma con toni perentori l’intenzione di non far slittare il ritorno a scuola previsto per lunedì 10 gennaio. Dall’altra presidi, medici e presidenti di Regione che spingono per uno stop prolungato di almeno una settimana per arginare la recrudescenza dei contagi da Covid, che ieri hanno superato il record di 200mila casi in 24 ore, segno che la variante Omicron, considerato come il virus più contagioso della storia dell’Umanità, galoppa a ritmi forsennati. Lo scenario potrebbe cristallizzarsi in questa diatriba istituzionale che ha, in base alla legge, già un vincitore: Palazzo Chigi.

Neppure i presidenti di Regione, infatti, possono contraddire le decisioni assunte dal Governo. È previsto espressamente nel decreto di Natale, quello varato il 24 dicembre scorso. Se lo facessero, i loro provvedimenti sarebbero estremamente vulnerabili a una decisione contraria del Tar. Lo stesso governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che di certo non è uno che indugia nell’approccio diplomatico, non ha (per ora) annunciato atti d’imperio, ma continua a invocare un stop che venga imposto da Roma. Partita vinta a tavolino da Palazzo Chigi, quindi, che invece da questo orecchio non ci vuol proprio sentire.

E invece no. Perché a mettersi di traverso, in tutta Italia, sono in queste ore i sindaci, terzo incomodo che forse nessuno aveva tenuto nella giusta considerazione.
LaC News24 sta documentando da questa mattina la progressiva adesione dei primi cittadini calabresi alla tesi delle scuole chiuse per arginare i contagi e permettere di incrementare nel frattempo la campagna vaccinale tra i più giovani.

Le ordinanze comunali che prevedono la non riapertura degli istituti lunedì 10 si affastellano una sopra l’altra, ora dopo ora. E così sta accadendo nel resto d’Italia, dove i sindaci, massima autorità in tema di salvaguardia territoriale della salute pubblica, stanno adottando ordinanze di chiusura in aperto contrasto con le direttive del Governo, che probabilmente aveva fatto i conti senza l’oste.

Hai voglia ad ostentare l’autorevolezza e l’autorità di un presidente del Consiglio, Mario Draghi, che è riuscito a domare anche Matteo Salvini facendogli ingoiare pillole amarissime per l’elettorato della Lega.

I sindaci, anche quelli di piccolissimi paesi sperduti su un cucuzzolo appenninico, hanno un potere che il premier, in questo frangente, non ha. E lo stanno usando. Primi cittadini che poi non sono altro che il riflesso del loro elettorato, altrettanto minuto ma forse mai come in questa circostanza capace di decidere le sorti del Paese. L’ha compreso Occhiuto, che oggi ha esplicitamente affermato che lui non può fare nulla per impedire l’apertura delle scuole, ma non ostacolerà i sindaci che decideranno diversamente.

E dunque, lunedì, moltissime scuole resteranno chiuse, non perché l’hanno deciso premier o governatori, esperti virologi o parlamentari. Resteranno chiuse perché così ha deciso il “popolo”, quello che ha il numero di telefono del sindaco, che lo incontra sul corso mentre va a fare la spesa, che può andare sotto casa sua a chiedergli conto del perché non si adegui alle sue istanze.

Draghi, che ha dominato l’Europa da presidente della Bce, che viene anelato in cima al Quirinale e invocato a Palazzo Chigi, Draghi che tutto il mondo ci invidia per capacità e autorevolezza, deve fare ora i conti con il potere di una fascia tricolore che di solito va in giro tesa su un petto tronfio mentre risuonano le note della banda musicale del paese, con la “P” minuscola.
È l’Italia dei Comuni, quella di Dante e di Boccaccio, che ritorna o che forse non è mai finita. Perché, in fondo, sempre italiani siamo.

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