«L’indagine “Xenia” nasce dalla denuncia di un negoziante di Riace». Lo ha detto il tenente colonnello della Guardia di Finanza Nicola Sportelli, teste chiave dell’accusa al processo che vede alla sbarra l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, accusato insieme ad altre 25 persone di associazione a delinquere, truffa e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sulla gestione dei progetti di accoglienza agli immigrati.

 

L’investigatore nel corso dell’udienza di oggi ha riferito in aula che il titolare di un negozio di generi alimentari riacese nel dicembre del 2015 ha denunciato il fatto di dover emettere delle fatture false per poter ottenere il rimborso dei bonus sociali che gli erano stati consegnati da immigrati come forma di pagamento posticipato.

In sintesi agli immigrati venivano consegnati dei bonus per acquisiti di prima necessità, che venivano scaricati dall’associazione quale costo. Successivamente il fornitore-negoziante emetteva una fattura per ottenere il rimborso dei bonus da parte dell’associazione. La fattura ottenuta veniva messa anche questa come costo nella rendicontazione dell’associazione che, di conseguenza, otteneva, secondo la prospettazione accusatoria, un ingiusto guadagno. Una sistema descritto dal teste con dovizia di particolari, portando ad esempio anche il caso di un fornitore di bombole del gas che nel tempo consegna materiale maggiore da quello che aveva in deposito o che aveva acquistato.