La “cricca” che si ritrovava per succulente cene all’hotel Executive costituita dai parlamentari del cerchio magico renziano, almeno secondo l’accusa, puntava a tutelarsi da probabili inchieste nelle quali potevano essere trascinati
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La nuova inchiesta giudiziaria che ha coinvolto il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro Luberto, al di là delle implicazioni penali, conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, la cronica propensione italiana e, ancor di più, calabrese, a fare “cricca”, a fare lobby.Gli ingredienti ci sono tutti nella narrazione di questa indagine. Il potente magistrato, una potente e nota famiglia di imprenditori, che comunque allo stato non risultano indagati, una mezza dozzina di parlamentari Pd, allora legati alla corrente di potere in auge, quella di Matteo Renzi. Insomma, la zuppa è bella e servita.
Vincenzo Luberto ricopre un delicato incarico nella Procura diretta dal più noto magistrato italiano, Nicola Gratteri, il quale, tuttavia, tempestivamente, appena si è trovato tra le mani la patata bollente, ha girato tutte le carte alla Procura di Salerno competente sui reati dei magistrati nella giurisdizione della Corte d’Appello di Catanzaro. Il problema, in questo caso, non è legato all’aspetto penale, ma riguarda la credibilità della magistratura, in una parte di paese infestato di ‘ndrangheta.
Questa inchiesta non è la prima che riguarda la giurisdizione, segue infatti l’altra bomba relativa al caso Facciolla, il procuratore di Castrovillari, recentemente trasferito in Basilicata. Il caso Luberto, ci viene svelato da un articolo del collega Lucio Musolino e Vincenzo Iurillo su Il fatto Quotidiano e irrompe in maniera dirompente non solo su gli uffici giudiziari catanzaresi, ma sugli assetti della politica, sempre al confine tra recupero degli equilibri e baratro. Ancora una volta, il mix deriva giudiziaria e politica riguarda il Pd e ancora una volta coinvolge gli ex assetti renziani come era già avvenuto per il caso Palamara.
Il pezzo di rilancio che sulla vicenda ci ha consegnato il Tg di La7, su questo fronte è più esaustivo rispetto ai primo lanci della giornata. La figura centrale di questo presunto e tutto da provare sodalizio tra politica, imprenditoria e magistratura è l’ex parlamentare Ferdinando Aiello. Politico roglianese nato in rifondazione comunista, transitato da Sinistra e libertà di vendoliana memoria e approdato nei renziani spinti, guidati, in Calabria, da un ex parlamentare renziano doc, di origine calabrese, Ernesto Carbone.Noto alle cronache nazionali per il famoso “ciaone”. La cordata era di quelle pesanti. Quella definita dalle cronache giornalistiche, la corrente del cerchio magico. Si, perché la presunta “cricca” in salsa calabrese, rispondeva alla zarina nazionale del renzismo, l’allora potente ministra Elena Boschi.
Inoltre, nella cordata che aveva assoldato il magistrato Vincenzo Luberto, soprattutto grazie al rapporto di amicizia con il deputato Ferdinando Aiello, il magistrato all’epoca dei fatti non era ancora procuratore aggiunto di Catanzaro, anche il parlamentare Brunello Censore, altro renziano di adozione, considerato che aveva sostenuto Gianni Cuperlo. Oggi, l’ex deputato di Serra San Bruno, è nuovamente alla ricerca di una legislatura alla Regione Calabria, dopo essere stato sfrattato dal seggio parlamentare dallo tsunami delle elezioni politiche del 4 marzo del 2018, solo che stavolta si è intruppato nelle file del segretario Nicola Zingaretti.
Spesso le inchieste, servono anche per rimettere in luce, i trasformismi correntizi di alcuni soggetti politici, i quali, cambiano casacca ideologica interna, in base alle convenienze politiche del momento. E Brunello Censore, delle convenienze, è un cultore. È la politica bellezza, mi si potrebbe obiettare. Certamente, tuttavia, la coerenza e la sobrietà, dovrebbero essere il minimo comun denominatore di tutti i politici che aspirano alla credibilità. E in Calabria, uno dei problemi più gravi, è l’assenza di credibilità di buona parte della classe dirigente.
Cosa ci facessero, dunque, un ex consigliere regionale di Rifondazione comunista e un deputato di provenienza Pci, alla corte della ministra Elena Boschi, di Lotti e di Renzi, onestamente, ancora oggi sul piano politico, risulta incomprensibile. Il servizio di La7, invece, attraverso le carte dell’inchiesta sul procuratore aggiunto di Catanzaro, Vincenzo Luberto, una spiegazione cerca di darla.
La “cricca” che si ritrovava per succulente cene all’hotel Executive, costituta dai parlamentari del cerchio magico renziano, almeno secondo l’accusa, puntava a tutelarsi da probabili inchieste nelle quali potevano essere trascinati. E, secondo le carte agli atti dell’inchiesta, l’allora pm era intervenuto pesantemente per impedire alcune indagini a carico dell’ex parlamentare Pd, Fernando Aiello, alcune anche di tipo affaristico e in odor di ‘ndrangheta. In cambio, sempre secondo l’accusa, l’ex parlamentare del Pd Aiello, finanziava le vacanze al magistrato in questione. Accuse molto gravi, che se saranno provate, suscitano non pochi interrogativi sui meccanismi di controllo e di verifica di alcuni pezzi importanti di magistratura che opera nella nostra regione.
Luberto era il procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, se le accuse mosse a suo carico dalla Procura di Salerno, saranno provate, è come se avessimo lasciato Dracula a vigilare nel deposito di sangue dell’Avis. Altro problema, invece, investe la politica. Soprattutto in questa nostra regione, nella quale, le “cricche” sono tante e di diversa natura e con molteplici obiettivi. Tutte, hanno però un obiettivo comune: condizionare il potere, sia esso di tipo giudiziario che di tipo politico ed economico. Le “cricche sono il tumore di questa terra. Una politica seria e credibile, dunque, lavora a smantellarle. La cricca oggetto di questa indagine è ormai venuta fuori. Ci sono nomi e cognomi. Nel Pd calabrese, in questo momento, è in corso oggettivamente un processo di rinnovamento. La domanda è la seguente: questo processo di rinnovamento è conciliabile, ricandidando, in una provincia come Vibo Valentia, l’ex parlamentare e consigliere regionale Brunello Censore che faceva parte di questa cricca? Se, il candidato è Pippo Callipo, uno che da anni si batte proprio contro le cricche calabresi, questa contraddizione, a breve potrebbe diventare un serio problema politico.