Noti professionisti hanno seguito in prima persona le questioni societarie dell'imprenditore romano davanti al tribunale di Paola
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Sembrerà paradossale ma la vicenda giudiziaria di Massimo Ferrero, relativamente alla presunta consumazione dei reati di bancarotta, è meno importante rispetto alla sua decisione di portare in Calabria le quattro società fallite. Ci si chiede dunque cosa abbia spinto il presidente dimissionario della Sampdoria, a “investire”, per modo dire, nella nostra regione, più precisamente nel Tirreno cosentino.
Dalle carte dell’inchiesta, che dal punto di vista indiziario è granitica, visto che il gip ha riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per 31 dei 35 capi d’accusa contestati all’imprenditore cinematografico, emergono figure professionali qualificate che hanno seguito in prima persona le questioni societarie davanti al tribunale di Paola. Parliamo di professionisti del settore, noti in provincia di Cosenza e a Roma.
Tutti a chiedersi, i soggetti intercettati dalla Guardia di Finanza di Cosenza, nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla procura di Paola, come mai Massimo Ferrero avesse deciso di approdare in Calabria, cercando di risolvere i suoi problemi finanziari, quando in precedenza «non ha mai pagato nessuno».
Insomma, anche gli amici di Massimo Ferrero, adombravano sospetti sulle condotte del patron blucerchiato, che ieri si è dimesso dalla carica di presidente, ma rimane sempre proprietario del club. Ferrero, da questo punto di vista, già in passato aveva messo la società di calcio al riparo da eventuali problemi giudiziari e in effetti dagli accertamenti investigativi non risultano legami con l’ambiente calcistico.
Il gip di Paola, nelle valutazioni di merito, che la nostra testata ha anticipato ieri, ha analizzato in fatto e in diritto quelli che sono stati i comportamenti di Massimo Ferrero nel corso delle indagini, rilevando come l’imprenditore romano, “inviso” anche alla figlia (LEGGI QUI LE INTERCETTAZIONI), fosse al centro di tutte le operazioni societarie, nonostante risultasse estraneo alle compagini aziendali.
Rispetto al tema delle esigenze cautelari, il giudice ha valutato positivamente l’elemento della reiterazione del reato, meno invece quello dell’inquinamento probatorio, essendo vicende, quelle oggetto del procedimento penale, acquisite scrupolosamente dai finanzieri di Cosenza. Il “furto”, che ha causato la perdita di tutti i documenti contabili, non ha scoraggiato la Guardia di Finanza che, dagli atti prelevati dal fallimento, ha analizzato le carte, ricostruendo minuziosamente i passaggi societari, fulcro centrale dell’inchiesta.
Le intercettazioni, da questo punto di vista, hanno arricchito un modello investigativo che in altre indagini ha prodotto risultati egregi. Complessivamente, dunque, l’inchiesta pone una serie di questioni molto serie che ovviamente andranno valutate, discusse e approfondite nei vari percorsi processuali, a cominciare dal giudizio che darà il Riesame di Catanzaro sulla bontà (o meno) dell’ordinanza firmata dal gip Rosamaria Mesiti.