Alla 39enne non veniva contestata l’accusa di omicidio legata all’autobomba. È stata tuttavia condannata per il reato di lesioni
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Sei mesi per il reato di lesioni (con pena sospesa e non menzione), assoluzione per il reato di tentata estorsione. Cade l’aggravante mafiosa per entrambe le contestazioni. Questa la sentenza per Rosina Di Grillo, 39 anni, di Limbadi, figlia di Rosaria Mancuso e Domenico Di Grillo, accusata di concorso in tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose in relazione ai terreni di proprietà dei Vinci, lesioni (reati anche questi aggravati dalle finalità mafiose).
All’imputata non veniva contestata l’accusa di omicidio legata all’autobomba, costata la vita al biologo Matteo Vinci ed il ferimento del padre Francesco, accusa allo stato mossa a: Domenico Di Grillo, Rosaria Mancuso, Lucia Di Grillo (sorella di Rosina) e Vito Barbara (marito di Lucia). Il gup, aderendo a quanto già stabilito dal Tribunale del Riesame, non ha ritenuto provata la condotta estorsiva. L’imputata è stata condannata solo per la partecipazione alla rissa (qualificata come lesioni) con i Vinci-Scarpulla risalente al marzo 2014. Rosina Di Grillo è stata difesa dall’avvocato Francesco Capria. Il pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso, aveva chiesto per l’imputata 7 anni di reclusione. Il processo si è svolto con rito abbreviato dinanzi al gup, Paola Ciriaco.