Le motivazioni della Cassazione con cui è stata annullata l’ordinanza agli arresti domiciliari per l’ex assessore regionale coinvolto nell'operazione Libro Nero. I legali: «Non c’è alcun concorso esterno»
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«Non è affatto chiaro quale sarebbe stato il contributo di Naccari Carlizzi e quale l’effettiva rilevanza causale della condotta ascritta al ricorrente rispetto alla conservazione ed al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione; il tema attiene all’esistenza ed alla strumentalità funzionale del contributo dell’indagato rispetto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso dell’associazione mafiosa». Così si esprime la Cassazione nelle motivazioni con cui ha annullato con rinvio l’ordinanza del Tribunale del Riesame con la quale erano stati disposti gli arresti domiciliari per Demetrio Naccari Carlizzi, definendola «strutturalmente monca».
Le accuse a Naccari
Come si ricorderà, per l’ex assessore regionale, imputato nell’inchiesta “Libro nero” con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, la Dda reggina aveva chiesto l’arresto, negato dal gip che non ha ravvisato gli elementi tali da poter emettere un’ordinanza. Una decisione che ha portato la Dda ha presentare appello, poi accolto dal Tribunale del Riesame che ha disposto i domiciliari, “congelando”, però, l’esecuzione del provvedimento in attesa che lo stesso diventasse definitivo. Il ricorso per Cassazione, da parte di Naccari, ha prodotto l’annullamento con rinvio ed il conseguente nuovo pronunciamento che ora dovrà giungere dal Riesame.
La struttura portante della pronuncia del Riesame era basata sui rapporti fra Naccari e Giuseppe Demetrio Tortorella, detto “Mimmo” e oggi deceduto, che avrebbe avuto il ruolo di interlocutore e intermediario di Naccari Carlizzi, con esponenti della cosca Libri. Secondo l’accusa, dunque, Tortorella sarebbe stato l’anello di congiunzione tra la ‘ndrangheta e le istituzioni politiche locali, ed in tale contesto avrebbe garantito sostegno elettorale a Naccari Carlizzi in cambio di favori clientelari.
La decisione della Cassazione
I giudici partono da un dato e cioè che la questione della contiguità fra l’indagato e gli ambienti della criminalità organizzata mafiosa «è affrontato in modo non irragionevole quanto all’esistenza di rapporti consolidati e pluriennali tra Naccari e Tortorella, alla consapevolezza dell’indagato del grumo di interessi che ruotava intorno a Tortorella, alla capacità di questi di coagulare il consenso e di relazionarsi con la criminalità organizzata mafiosa del territorio». Ma tale dato, rimarca la Cassazione, va «depurato da inutili appesantimenti argomentativi» quali quelli «relativi all’interessamento di Naccari Carlizzi per assicurare a Paolo Romeo, soggetto condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, un dato relatore ad un convegno organizzato dallo stesso Romeo, ovvero alla partecipazione ad una cena con i fratelli Lampada, o ancora, al tema, del tutto non riscontrato, derivante dalle dichiarazioni del collaboratore». Per i giudici, dunque, ciò che deve essere valorizzato è «l’individuazione materiale della condotta dell’indagato, cioè del contributo che Naccari Carlizzi averebbe fornito, a fronte dell’appoggio elettorale ricevuto; del soggetto a cui tale contributo sarebbe stato assicurato».
E, sul punto, i giudici della Cassazione spiegano come il Riesame «nell’ambito di una lunga ricostruzione, non ha affatto spiegato, al di là di un vacuo riferimento alla disponibilità che Naccari Carlizzi avrebbe avuto nei riguardi dei “membri del sodalizio”, perché la criminalità organizzata mafiosa avrebbe tratto vantaggio dalla: nomina di Tortorella nel 2010 a commissario del Consorzio del bergamotto di Reggio Calabria; dall’assunzione del fratello di questi presso il Comune di Reggio Calabria; dall’intenzione di Tortorella e Sartiano di interessare Naccari Carlizzi per alcune assunzioni: dal tentativo non riuscito da parte di Sartiano di “pilotare”, tramite Naccari Carlizzi, una procedura d’appalto; dall’intenzione di Tortorella, nel settembre del 2016, di coinvolgere Naccari Carlizzi per favorire l’assunzione del figlio presso il Comune di Reggio Calabria».
La Cassazione non esita a spiegare come sul punto «il Tribunale è assertivo, essendosi limitato ad affermare che “è evidente che gli impegni assunti… si siano riverberati sulla intera organizzazione criminosa”». I giudici continuano spiegando che «è possibile che Tortorella ritenesse di essere un interlocutore di Naccari Carlizzi in ragione del ruolo di collegamento di cui si è detto, ed è possibile che Naccari Carlizzi abbia “favorito” nel corso del tempo in modo clientelare e personale Tortorella, ma il Tribunale non ha spiegato perché detti o altri “favori” riguardassero anche le cosche mafiose, perché “giovassero” all’associazione mafiosa, in cosa sarebbe consistito detto giovamento, se Naccari Carlizzi avesse, sul piano del dolo, consapevolezza che, assumendo il fratello di Tortorella, stesse avvantaggiando l’associazione mafiosa. Su tali fondamentali temi, il Tribunale si è limitato a richiamare in maniera imprecisa un precedente di questa corte che, in realtà, lungi dal porsi in posizione difforme, è invece testualmente riproduttivo dei principi affermati dalle sezioni Unite». Ciò su cui ora il Riesame dovrà pronunciarsi sarà verificare se ed in che misura «la condotta contestata a Naccari sia riconducibile alla fattispecie di reato contestato» e se «siano esistenti esigenze cautelari da neutralizzare».
Le dichiarazioni dei legali
«È una valutazione giuridicamente errata» quella operata dal Tribunale della Libertà in ordine al giudizio di gravità indiziaria per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa per Demetrio Naccari Carlizzi. Così i legali dell’imputato. «Avevamo ritenuto taluni fatti contestati circostanze neutre, talune palesemente fraintese e in ogni caso totalmente inidonee a sostenere un’accusa così grave ed infamante per il nostro assistito. Come difensori avevamo insistito proprio sull’assenza della condotta e cioè sul fatto che i comportamenti dell’avvocato Naccari non potessero in alcun modo essere sussunti nella fattispecie del concorso esterno. Siamo soddisfatti che la Corte abbia ritenuto, con una motivazione di merito di estrema chiarezza e robustezza, di riscontrare come il Tribunale di Reggio “non abbia fatto corretta applicazione dei principi indicati” dalla giurisprudenza, su un reato peraltro che è proprio di derivazione giurisprudenziale. Siamo particolarmente soddisfatti proprio perché la Cassazione ha deciso sul principio di diritto nonostante la ricostruzione dei fatti proposta si stata quella dell’accusa, del Gip e del Tdl e cioè senza alcun apporto documentale o di mezzi di prova forniti dalla difesa. Noi avevamo ritenuto inutile allo stato confutare gli errori e le gravi inesattezze dell’attività di indagine proprio perché balzava agli occhi la inesistenza della condotta contestata. Avremo modo di ricostruire tali fatti ed accadimenti, per una corretta rappresentazione della verità storica e il rispetto dovuto alla brillante carriera politica dell’indagato, indipendentemente dal fatto che gli stessi, come valutati dalla Suprema Corte, non possono configurare alcun concorso esterno».