L’ex prefetto di Cosenza, Paola Galeone, è stata condannata in primo grado a tre anni di carcere con la riqualificazione del fatto in istigazione alla corruzione e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici. I fatti si riferiscono alla proposta “indecente” che, il 23 dicembre del 2019, l’allora alta funzionaria dello Stato, in servizio in Calabria da un anno e mezzo, fa all’imprenditrice Cinzia Falcone.

Quel giorno, le due donne si ritrovano nell’ufficio di piazza XI settembre, a margine di un convegno, e ciò che accade in quella stanza sarà la stessa Falcone a raccontarlo quattro anni dopo in tribunale. «La Galeone mi disse che erano rimaste 1200 euro in un fondo di rappresentanza della prefettura, soldi che se non spesi sarebbero stati restituiti al ministero. E così mi ha proposto di preparare una fattura falsa per poter prendere quel denaro: cinquecento euro a me e settecento a lei». Il prefetto le dà appuntamento a dopo Natale per chiudere la questione, ma ignora che la sua interlocutrice ha già deciso di denunciarla in questura.

Il risultato è che, quando le due donne si incontrano di nuovo, nel giorno di Santo Stefano all’interno di un bar di Rende, l’imprenditrice ha addosso un microfono con cui registra tutta la conversazione. All’uscita dal locale, poi, i poliziotti fermano il prefetto e trovano nella sua borsa le banconote incriminate. Per quei fatti, Paola Galeone è stata sospesa dal servizio e ha trascorso anche alcuni mesi agli arresti domiciliari. Durante il processo, si è difesa sostenendo che fosse stata la Falcone, per ragioni imperscrutabili, a «infilarle» il denaro nella borsetta.

Paola Galeone infine è stata assolta dal reato di rivelazione del segreto d’ufficio.