Spunta una nuova grana giudiziaria per l'ex presidente di sezione della Corte d'Appello di Catanzaro, Marco Petrini, già condannato con rito abbreviato a quattro anni e quattro mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari. Dopo l'archiviazione di alcuni capi d'imputazione contestatigli dalla Procura di Salerno, inanella un nuovo rinvio a giudizio per il reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico. 

Dedito all'attività criminosa

Già lo scorso giugno il Gup del Tribunale di Salerno aveva rigettato la richiesta di messa alla prova nell'ambito del nuovo procedimento penale, il giudice aveva infatti rilevato che «non può formularsi una prognosi negativa in ordine alla commissione in futuro di altri reati». In particolare, gli si contestava che «alla luce del numero, della gravità dei fatti di corruzione contestati ed in un buona parte ammessi dallo stesso imputato, la dedizione all'attività criminosa non può ritenersi isolata o occasionale».

Nuovo rinvio a giudizio

E così nei giorni scorsi il Gup del Tribunale di Salerno ha disposto un nuovo rinvio a giudizio per l'ex magistrato (difeso dagli avvocati Francesco Calderaro e Agostino De Caro) che dovrà rispondere dell'accusa di essersi introdotto abusivamente e ripetutamente nel sistema informatico Scripta di proprietà del ministero della Giustizia utilizzando la postazione di lavoro situata all'interno degli uffici della Corte d'Appello di Catanzaro dopo aver ricevuto la notifica della richiesta di proroga delle indagini per le quali risultava indagato per il reato di corruzione.

Informazioni segrete

Secondo la ricostruzione della Pocura avrebbe abusivamente controllato periodicamente il sistema telematico per acquisire illecitamente informazioni relativamente ai procedimenti a suo carico intercettando, in particolare, una comunicazione riservata che proveniva dalla Procura Generale di Salerno e indirizzata al Consiglio Superiore della Magistratura, al ministero della Giustizia e al procuratore generale di Catanzaro; tutte informazioni coperte da segreto e con l'aggravante di essere state commesse da pubblico ufficiale con l'abuso di poteri.