I toni entusiastici del dossier del ministro dell'Interno corrispondono a una realtà molto più complessa. Fatta di sindaci coraggiosi, che di certo non hanno bisogno di propaganda
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Vivendo in una regione come la Calabria, dove le minacce agli amministratori locali sono pane quotidiano, l’entusiasmo del Viminale appare un po’ eccessivo. Il dossier stilato dal ministero di Salvini fa riferimento alle minacce ai sindaci nella prima metà del 2018, e include un lasso temporale di otto mesi. In questo lasso di tempo, spiega la nota del Vimina, si sarebbe registrata una diminuzione delle minacce agli amministratori locali: “solo” 309 attentati.
Che a dire il vero pochi non sembrano per sembrano affatto. La situazione non sembra sotto controllo per niente, tanto che poco più di un mese fa, il presidente dell’Anci Calabria e sindaco di Pizzo, Gianluca Callipo, aveva mandato un messaggio chiaro e forte al Governo: «I sindaci vengono lasciati soli, ecco perché si dimettono». L’ultima intimidazione risale alla notte tra il 28 e il 29 agosto. A Camini, nel Reggino, l’auto del sindaco Giuseppe Alfarano venne semidistrutta dalle fiamme a pochi metri dalla sua abitazione. I responsabili di questi crimini, che vengono derubricati come "minori”, spesso non vengono individuati.
Il dossier del Viminale prosegue così: «Nel primo semestre di quest'anno le denunce per minacce o violenza» nei confronti di amministratori locali sono state 309, contro i 342 casi dello stesso periodo dell'anno scorso». 32 casi in meno. Un trionfo. Un dato innegabilmente positivo, ma non certo entusiasmante.
«Speriamo di chiudere l'anno – scrive il Viminale - sotto quota 600», dimostrando ben poca ambizione. La nostra, che in queste terre ci viviamo, è che il risultato sia ben più degno di soddisfazione e non di propaganda.