A distanza di quattro anni, iniziano ad affiorare brandelli di verità sulla pazza collaborazione con la giustizia di Nino Lo Giudice. Scappò per paura, sul finire di maggio del 2013. Il motivo? Si rese conto che la parte più corposa della sua collaborazione stava per venire fuori e riguardava la stagione delle stragi. È questa la rivelazione fatta questa mattina dal procuratore capo Federico Cafiero de Raho e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo, nel corso della conferenza stampa convocata per l’arresto dei mandanti del duplice omicidio dei carabinieri nel 1994.

I timori del "nano"

I magistrati hanno tratteggiato chiaramente quale sia stata la motivazione che indusse “il nano” a lasciare la località protetta ed inventare tantissime scuse poco plausibili, per motivare quell’allontanamento. Nino Lo Giudice aveva paura. Aveva appreso che Villani stava parlando della stagione delle stragi, che quei segreti, per i quali si era deciso di non rivelare nulla a nessuno, iniziavano a farsi largo anche negli uffici giudiziari. Ed erano verità davvero scomode e pericolose. Nino Lo Giudice era perfettamente cosciente che, se chiamato a rispondere, magari dietro indicazione di Villani, avrebbe dovuto mettere mani e naso lì dove nessuno si era mai spinto: la strategia stragista di Cosa nostra ed i rapporti con la ‘ndrangheta. Ecco allora la sua scelta di fuggire via e ritrattare tutte le accuse fatte precedentemente, formulandone di nuove, anch’esse effimere e poco incisive. Lo Giudice raccontò tutto ai magistrati che lo arrestarono pochi mesi dopo. Disse a chiare lettere di essere terrorizzato dall’idea di doversi addentrare in quegli argomenti.
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Il cuore del pentimento

«Era la parte più corposa della sua attività criminale», ha spiegato il procuratore Lombardo, «ed era anche quella che lui non intendeva rivelare». Poi, ecco la decisione di vuotare il sacco. Completamente. Ed allora emerge un profilo, che coinvolge sia lui che Consolato Villani, ben più elevato di ciò che si poteva ritenere in un primo momento. Nino Lo Giudice aveva avuto accesso, proprio tramite Villani, a nomi, cognomi e circostanze particolarmente delicate.

Del resto, Consolato Villani era un affiliato al suo clan ed al suo capo aveva riferito le tante situazioni che lo avevano visto protagonista. Lo Giudice allora aveva optato per la fuga. Una scelta scellerata, finita nel breve volgere di pochi mesi. Resta ora da capire se vi fu qualcuno che aiutò il pentito in questa sua decisione. Il riserbo massimo degli inquirenti su tutta questa faccenda, unito al menzionato intento di andare oltre gli arrestati odierni, fa intendere che altro probabilmente bolle in pentola e che presto si andranno ad esplorare altri orizzonti.

 

Consolato Minniti