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Che non tornassero i conti nel quadro finanziario degli interventi pubblici nel post alluvione di Vibo Valentia si sapeva, ma certo fa parecchia impressione scoprire che nel buco segnalato da Carlo Tansi in una denuncia alla Procura di Catanzaro emergono anche le “spese folli” per la cancelleria. Ben 200.000 euro che gli enti attuatori dell’ordinanza con cui si intervenne dopo i fatti tragici del 2006, hanno rendicontato in una modalità che ora è al vaglio dei magistrati del procuratore Nicola Gratteri e di quelli della sezione regionale della Corte dei conti.
Un fiume di denaro andato a varie ditte in maniera assai sospetta che, si apprende da una delle Relazioni accluse all’esposto presentato dal capo della Protezione civile regionale, è stato incanalato con altri pagamenti effettuati negli anni sotto la voce “emergenza Vibo”, ma che non avrebbero avuto i crismi dell’urgenza e della straordinarietà. Questo per la spesa per computer, toner, materiale per stampanti, penne e gomme, in realtà, è solo uno dei rilievi mossi ai soggetti che hanno ricevuto i fondi destinati alla ricostruzione dopo i danni.
Dopo la forte censura che più volte Tansi ha espresso pubblicamente, sotto la lente di ingrandimento della magistratura ordinaria e contabile finisce infatti la più complessiva rendicontazione presentata negli anni dal sindaco di Vibo e dal presidente della Provincia pro tempore, dalla Camera di commercio locale, dall’Anas, dalla società Ferrovie dello Stato e da tutti i sindaci della provincia a capo dei Comuni beneficiari.
In una delle relazioni firmate da due funzionari della Protezione civile regionale si evidenziano in almeno 6 punti i limiti e i sospetti di un quadro finanziario che, a distanza di 11 anni da una calamità naturale che dilaniò la zona, distrusse case e opifici, mandò in rovina imprese agricole e causò quattro morti, non è ancora riuscito a coniugare legalità ed efficienza, visto che a distanza di tanto tempo rimangono ancora da spendere 11.000.000 di euro.
“Non sono stati ancora assunti – si legge nel documento ora al vaglio della magistratura - tutti gli atti per il trasferimento al regime ordinario dell’attuazione degli interventi programmati ed in corso”. In pratica, vi sarebbero ancora spese assunte in “regime speciale”, quindi senza i dovuti controlli e con una fortissima discrezione, sebbene dal 2013 sia finito lo “stato di emergenza” decretato dalla presidente del consiglio. Illuminante a questo proposito è un passaggio della relazione che compendia la denuncia di Tansi, quando si legge di “procedure e modalità irrituali” alla base di spese “non adottate con ordinanza del commissario delegato, ma con determina del Rup”.
In buona sostanza in questi anni alle ditte sarebbe bastato un atto firmato da un dipendente comunale, provinciale o camerale qualsiasi per liquidarsi. Da qui, da questo puzzle opaco di alte cifre - in cui spiccano amaramente anche quelle che i soggetti attuatori hanno messo sotto la voce cancelleria – si formerebbe un buco di 500.000 euro, di fondi pubblici che non avrebbero le pezze giustificative appropriate.
In uno dei prospetti si leggono i nomi di tre ditte e per queste i due funzionari firmatari della Relazione scrivono: “Sono stati disposti pagamenti in favore della Ecoclean per acquisto di materiale informatico non imputabili sulla contabilità speciale di cui si tratta”; e più avanti “alcuni dei pagamenti rinvenuti negli atti contabili e intestati a società private (Coredil e Remac) non incluse nell’elenco dei soggetti attuatori e per i quali mancano i relativi provvedimenti di liquidazione opportunamente numerati e repertoriate”. Sul conto di queste due ultime società, infine, ha del clamoroso quanto si porta ora all’attenzione della magistratura nella denuncia di Tansi. I pagamenti rendicontati “risultano essere relativi a procedimenti di affidamento di lavori con somma urgenza per eventi calamitosi verificatisi nel periodo marzo-giugno 2011 e dunque non afferenti all’ordinanza 3531/2006”. In pratica a Vibo Valentia l’alluvione del 2006, per alcuni, è “durata” fino al 2011, portando soldi in cassa questa volta e non danni.
Agostino Pantano