La trasmissione d'inchiesta della Rai ripercorre i giorni successivi alla tragedia in cui persero la vita almeno 60 persone e il silenzio assordante delle istituzioni
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La segnalazione di Alarm phone mai menzionata, la permanenza di giorni in acqua dopo il naufragio e prima dell’intervento di un diportista francese, il ritorno a “puntate” dei corpi, almeno di quelli che si è riusciti a recuperare, dei circa sessanta migranti morti nell’ennesima tragedia sulla rotta turca, il silenzio assordante delle istituzioni a pochi mesi dal disastro di Steccato di Cutro: c’è il tremendo naufragio del 16 giugno al largo di Roccella Jonica nel mirino della corazzata dell’inchiesta targata Rai, Report. Come documentato anche dalla nostra testata, nei giorni successivi alla strage le informazioni arrivavano col gontagocce, i giornalisti erano tenuti a distanza, difficile capire anche quante salme furono recuperate e dove sono state collocate.
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L’inviata della trasmissione Rosa Maria Aquino ha ripercorso le tappe di uno dei più tremendi disastri della storia della Calabria, ricostruendo la vicenda partendo da una segnalazione effettuata da Alarm Phone, la rete di volontari internazionale che dal 2014 gestisce una rete telefonica per allarmi in mare, alla Capitaneria di porto ma mai menzionata nei comunicati ufficiali. «Le rotte io lo vedo su Flightradar se ci sono – dice intervistato dalle telecamere Rai il responsabile Frontex al porto di Roccella, provando a rispondere al dubbio rispetto alla sorveglianza aerea che in quei giorni potrebbe avere visto qualcosa al limite della acque Sar dell’Italia - ma anche se lo sapessi non potrei sicuramente dirglielo. Ci sono indagini in corso non si può mica dare informazioni così a caso, bisogna dare le informazioni giuste. A chi potete chiedere le informazioni giuste? Al ministero dell'Interno. Poi se c'è un insieme di elementi che fanno sì che la sfortuna porti... quella non la puoi governare».
Saranno almeno 4 i giorni trascorsi in mare dagli unici 12 superstiti di quel barchino maledetto partito dalle coste della Turchia. Ignorati da diverse barche in transito – avevano raccontato i superstiti a Lac News24 – erano rimasti aggrappati al relitto della barca fino all’intervento di un marinaio francese in vacanza nel Mediterraneo.
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Una domanda che l’inviata ripropone anche al comandante della Capitaneria in forza al porto delle Grazie: «Non lo so – ha risposto l'ufficiale che era presente nello scalo alla fine di una giornata che ha fatto registrare due soccorsi in mare effettuati nel giro di 6 ore l'uno dall'altro - Mi risulta che ci siano anche attività in corso, quindi non penso si possano rilasciare tutte queste dichiarazioni. Le ricostruzioni sono state fatte nelle sedi opportune. Io le dico quello che posso dire e che conosco. E quello che conosco è che stasera abbiamo fatto due interventi bellissimi per cui mi sento onorato e fiero di quello che faccio e dei miei uomini soprattutto».
Il dubbio sulla segnalazione che potrebbe essere rimasta inascoltata non è l’unico sollevato dalla trasmissione della Rai che, nella puntata “Roccella Jonica, l’altra Cutro di cui nessuno parla” ha ricostruito anche le settimane successive al naufragio, ripercorrendo la catena di eventi che hanno caratterizzato le fasi di recupero, riconoscimento e rimpatrio delle salme e sottolineando, come aveva fatto anche LaC News24 durante quei giorni concitati, il pesante muro di gomma calato dalle istituzioni su una tragedia per tanti versi, troppo simile a quella di Cutro di appena un anno prima.