VIDEO | Il legale racconta la battaglia per ottenere i file di log, il supporto che racconta ogni dettaglio sul malware usato per raccogliere le prove: «Senza averli a disposizione le intercettazioni sono inutilizzabili». Il caso delle conversazioni di Pittelli: «Manca l’ultimo server di passaggio»
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Le sfide (in corso e quelle che verranno) nelle aule di giustizia e la “fuffa” nel dibattito sulle intercettazioni. Valutazioni sull’utilizzabilità del materiale ottenuto attraverso i trojan e riserve sul dibattito politico che ruota attorno alle proposte di riforma della giustizia. Il colloquio di LaC News24 con l’avvocato Salvatore Staiano andato in onda oggi a Dentro la Notizia - format condotto da Pier Paolo Cambareri - affronta temi di stretta attualità. Soprattutto in un momento caldissimo del confronto tra politica e magistratura. Tra interventi normativi e futuri confronti nelle aule giudiziarie partiamo da quella che era la nuova frontiera e si è trasformata in quotidianità per gli investigatori e gli avvocati difensori: le intercettazioni ottenute con l'inoculazione di un virus informatico nei telefoni degli indagati.
«Il trojan – spiega Staiano – è uno strumento fondamentale per la ricerca delle condotte di reità ma va utilizzato rispettando le regole fondamentali di costruzione dell’istituto giuridico nelle vicende concrete, cioè se un soggetto deve essere intercettato, la legge prevede che l’intercettazione si concretizzi attraverso il riversamento dell’audio nel server della Procura».
Staiano evidenzia che i trojan «utilizzano i cosiddetti server di rimbalzo: questi rimbalzi» sono necessari per ricostruire il percorso del materiale intercettato per via telematica. Ed è necessario che siano dei semplici passaggi «ma vi sia una stanzialità del risultato intercettivo: la fonia – l’avvocato si riferisce a una recente sentenza della Cassazione – alla fine deve giungere in Procura perché il processo seguito dall’accusa sia regolare. Ma perché questo possa essere stato valutato, l'avvocato difensore deve avere la possibilità di accedere ai cosiddetti file di log».
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Le parole di Staiano anticipano le prossime sfide nelle aule giudiziarie: molte si giocheranno sui file di log. Cioè sul «supporto informatico dove è contenuto tutto il transito genetico del percorso che viene fatto attraverso il trojan». La sfida, per la verità, è già iniziata: «Mi sono trovato in una situazione in cui alcuni distrettuali, o alcuni magistrati molto avveduti di alcune distrettuali, mi hanno concesso questo supporto informatico, altri hanno detto che non ne avevo diritto».
Staiano, a questo punto, cita le Sezioni unite della Cassazione che, «con una sentenza del 2021, hanno espressamente affermato che i supporti materiali non sono soltanto le bobine, ma tali devono intendersi - in caso di intercettazione tramite il trojan - oltre ai nastri, anche i supporti dei file di log. Questi supporti contengono indicazioni relative alle capitazioni, alle registrazioni e al relativo ascolto».
Per l’avvocato la conclusione è scontata: «Io studicchio, ma capisco molto quello che leggo. Allora: noi abbiamo diritto ad avere i file di log e i file di log mi danno la possibilità di capire se i presupposti per i quali può essere autorizzata un'intercettazione siano stati concretizzati». Questo approccio, «non significa dubitare della magistratura requirente, altrimenti bisognerebbe dubitare anche del legislatore».
Staiano continua: «Io sto facendo una battaglia sui file di log e sto avendo ceffoni inevitabilmente, ma alla fine so che in ogni vicenda mi saranno consegnati i file di log». E «se non si hanno i file di log, la conseguenza secondo me è la inutilizzabilità del risultato intercettivo per difetto di rapporto diretto tra il difensore, quindi tra l'imputato e l'indagato, e quel prodotto informatico: come dice la Cassazione, il supporto informatico che è coessenziale alla valutazione della ritualità del risultato intercettivo».
Il legale cita un esempio che arriva dal maxi processo Rinascita Scott: «L’ho eccezione l'ho fatta sulla posizione dell’avvocato Giancarlo Pitelli, ottenendo un risultato importante attraverso la consulenza del dottor Antonio Miriello - grande esperto in informatica forense -: in quel caso manca proprio l'ultimo passaggio: l'ultimo server di transito non c'è e lo dicono chiaramente i carabinieri del Ros - con la correttezza di sempre, manifestata soprattutto in Rinascita -: noi abbiamo chiesto, Rcs (la società che fornisce il malware alle Procure) risponde: “Qua non sappiamo cosa dirvi, chi ha operato l'ultimo transito ha distrutto i suoi contenitori”. Bisogna capire se quest’ultimo rimbalzo è arrivato o meno a Catanzaro e non significa dubitare di nessuno, ma soltanto aver modo, per il difensore, di accertare la ritualità dell’intercettazione o la loro illegittimità. Auspico che si possa ben funzionalizzare questo prodotto consulenziale che ho offerto all’avvocato che difendevo».
Se il confronto sui trojan (e soprattutto sui file di log) appare centrale, l’avvocato Staiano pare derubricare a “fuffa” lo scontro – soprattutto politico – sulla riforma della giustizia nella parte in cui vorrebbe limitare a 45 giorni le intercettazioni per alcuni reati.
«La politica – dice – dovrebbe affrancarsi dai condizionamenti che provengono dall'Avvocatura e dalla Magistratura, questo è il vero problema in tema di giustizia in Italia e la giustizia è uno dei problemi fondamentali perché se è vero». La criminalità organizzata («le solidanze ’ndranghettistiche, camorristiche, eccetera») ha «un peso enorme sulla costruzione economica del nostro Paese, vorrei dire sulla distruzione economica del nostro Paese soprattutto per quanto riguarda le piccole imprese che non riescono a scendere a patti con questi poteri antistatali fortissimi». Per intervenire su una questione che appare dirimente, la politica dovrebbe appunto affrancarsi da certi condizionamenti «e noi non saremmo qua a discutere di un provvedimento che trovo assolutamente inconcludente. Dire che le intercettazioni da 45 giorni bastano o non bastano, affermare che costano troppo o costano poco è semplicemente l'alveo in cui sguazza chi vuole fare degli interventi demagogici». Il dibattito è lunare: «Come si fa a dire che l'intercettazione è inutile o è utile o se costa troppo o troppo poco? Anche solo discuterne è da imbecilli. Le intercettazioni sono assolutamente coessenziali all'intervento su un tumore che è quello della criminalità organizzata. Tutto il resto sono sciocchezze».
Semmai – anche questo spesso oggetto di scontro tra accusa e difesa – «il problema serio è che c'è una giurisdizione di transito, quella del Gip che a volte è una giurisdizione che cede facilmente alle istanze delle distrettuali. Questo è il vero problema». Tutto il resto è noia: «Se per perseguire la criminalità serve il trojan, il trojan va abilitato. Se servono intercettazioni a cascata vanno autorizzate. Ma chi autorizza spesso ha una rete a maglia larga e fa passare tutto».
Alla luce di ciò, «45 giorni sono un tempo troppo esiguo, ma non si può neanche consentire che per un reato permanente, con un meccanismo di finta rinnovazione delle iscrizioni nominative, un soggetto – fosse anche il più grande criminale al mondo – si trovi intercettato per 6-7 anni».