«Poche ore or sono è terminata l’udienza presso il Tribunale della Libertà di Catanzaro nel corso della quale si è discusso il riesame dell’ordinanza del Gip, in relazione all’adozione della misura cautelare dell’obbligo di dimora alcuni giorni or sono adottata nei confronti del Governatore delle Regione Calabria, on. Gerardo Mario Oliverio. In data 24 dicembre, nella qualità di difensore, avevo depositato una memoria a sostegno delle ragioni del Riesame. Non poco stupore ha suscitato in me e negli astanti il fatto che per resistere alle ragioni di un semplice abuso di ufficio abbiano addirittura partecipato ben tre procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, sostenendo ognuno a lungo le proprie ragioni, sovente uguali a quelle rese da chi era stato il primo ad intervenire». Così Vincenzo Belvedere, legale che assiste Mario Oliverio nell’ambito dell’inchiesta Lande desolate che vede indagato il presidente della Regione.


«Ho chiesto – prosegue l’avvocato - che al verbale di udienza fosse allegata la mia dichiarazione di sbigottimento per l’accaduto, posto che tale è “cortesia” riservata esclusivamente al presidente di una Regione e che mai ad alcuno è capitato di assistere ad analogo “spiegamento di forze” per una ipotesi di abuso di ufficio semplice. Ce ne faremo una ragione! Siamo fiduciosi che il Riesame intenda quali sono state le ragioni che hanno mosso l’agire politico (nel senso aristotelico) del Presidente, che sono di esclusivo fine pubblico e non per avvantaggiar taluno o penalizzar tal altro. L’opera in parola è stata realizzata, non è una “landa desolata”, come la pessima definizione data all’operazione vorrebbe far intendere, tutto un territorio si avvantaggia del rifacimento di un obsoleto impianto di risalita e delle opere ad esso complementari».


L’avvocato incalza: «La Procura, sulla base dei medesimi fatti, quelli dell’assurda ipotesi di aver richiesto il rallentamento dei lavori di Piazza Bilotti in Cosenza, ha notificato al Governatore un’informazione di garanzia per il reato di corruzione di cui all’art. 319 c.p., in quanto avrebbe agito “per un mero tornaconto politico”. Quando mai destituita di fondamento questa ipotesi! Nessuna novità e nessun aggravamento di posizione, quindi! Anzi, correzioni improbabili (in corso d’opera) di tiro accusatorio, che denotano labilità indiziarie evidenti» conclude.