Forse farà pure troppo freddo per suonarci, come accaduto recentemente quando un famoso clarinettista ha abbondonato il palco preoccupato per la propria salute e per quella dei suoi preziosi strumenti, ma l’auditorium dello Spirito Santo, nel centro storico di Vibo Valentia, è un edificio del ‘500 carico di storia, che a partire dal 1614 è stato a lungo il duomo di Monteleone, come si chiamava in passato città. 

 

Storia remota, dunque, ma anche molto recente. Basti pensare che nel 2009 c’è voluto un accordo tra Provincia (attuale possessore del bene) e Diocesi (proprietaria dell’immobile), preceduto da diversi anni di approcci falliti, per strapparlo al degrado che lo attanagliava. Alla fine l’intesa fu raggiunta, i soldi - un milione di euro di fondi comunitari - furono messi dalla Provincia, che si accollò la futura gestione, e l’idea decollò.

 

 

 

Quando il progetto di restauro fu presentato, nel settembre del 2010, la chiesa appariva ancora come quando, nel 1946, fu chiusa al culto per le copiose infiltrazioni d’acqua dal sottosuolo: muri scrostati, travi e panche di legno accatastate, umidità ovunque.
Nel corso dei lavori di recupero furono scoperte diverse camere sepolcrali e furono effettuati anche interessanti ritrovamenti archeologici negli ambienti adiacenti al corpo principale della chiesa, come vasellame rinascimentale e una fornace medievale di grandi dimensioni. Arrivò la Sovrintendenza che indagò e catalogò, ci fu un turbinio di pacche sulle spalle tra tutti, archeologi, vescovo e amministratori pubblici, nella prospettiva che un giorno il piccolo teatro da 300 posti avrebbe avuto anche una sezione museale. Poi i lavori ripresero.
Dopo un anno, nel 2011, l’auditorium era finito, con la facciata esterna, a pochi metri da Palazzo Gagliardi, completamente rifatta e gli interni che avevano assunto l’inconfondibile configurazione di un luogo destinato ad accogliere l’arte, ma non solo. Lo scopo era anche quello di allestire una sala convegni, che in città manca.

 

 

Eppure, una vera e propria inaugurazione ufficiale non c’è mai stata. Troppe, infatti, le lacune progettuali che ne hanno reso impossibile un collaudo con tutti i crismi, per il quale ci sarebbero voluti altri soldi e altri lavori.
Ma la Provincia, all’epoca guidata da Francesco De Nisi, si avviava sul viale del tramonto degli enti locali. Da lì a poco, nell’autunno del 2012, sarebbe arrivato il commissario straordinario e poi, nel 2014, la legge Delrio avrebbe dato il colpo di grazia alle amministrazioni provinciali più piccole, che oggi sono relegate in una sorta di limbo normativo, senza risorse e senza poteri.
Con le strade da rattoppare, le scuole da tenere aperte nonostante tutto e i dipendenti senza stipendio da mesi, il collaudo dell’auditorium è davvero l’ultima preoccupazione della “nuova” Provincia, quella governata dai sindaci, come il primo cittadino di Briatico, Andrea Niglia, che oggi presiede l’ente di contrada Bitonto.

 

Da tempo ormai si va avanti alla giornata e l’uso “ufficioso” dell’auditorium è regolato soltanto dal passaggio di mano in mano delle chiavi del portone.
Mazzo di chiavi che oggi è nella disponibilità del conservatorio Torrefranca che ripone nel piccolo teatro gran parte del suo appeal formativo. Quasi impossibile, infatti, insegnare musica senza una sala in grado di accogliere i concerti, le prove, gli esami finali. Nonostante il Torrefranca sia considerato un’eccellenza nel panorama calabrese della formazione artistica, senza un auditorium è un’anatra zoppa. Comprensibile quindi la preoccupazione del direttore del conservatorio, Francescantonio Pollice, che da 4 anni guida l’istituto affrontando quotidianamente sempre lo stesso problema: l’evanescenza della Provincia, che sulla carta ha ancora competenza esclusiva sulle sedi delle scuole superiori, ma in pratica non ha nemmeno gli occhi per piangere.

 

 

Le preoccupazioni per Pollice sono aumentate dopo le polemiche seguite al clamoroso forfait del noto clarinettista Alessandro Carbonare, uno che solitamente suonava con Abbado, che recentemente ha interrotto il concerto che stava tenendo nell’auditorium dello Spirito Santo insieme al complesso di musica classica i Solisti Aquilani, a causa del freddo: appena 9 gradi. Troppo pochi per continuare a suonare, ma soprattutto per preservare i preziosi strumenti dell’orchestra, tra cui tre violini del ‘700. A rendere ancora tutto più surreale è anche la circostanza che la sala è dotata di un moderno impianto di riscaldamento presente direttamente sotto il pavimento. Ma metterlo in funzione costa soldi che l’Amministrazione provinciale non garantisce. Da qui il disperato appello del dirigente del conservatorio, che pur di risolvere il problema si è detto disposto a stringere ulteriormente la cinghia del Conservatorio, che già deve fare a meno dei telefoni. Basta che non gli chiedano indietro le chiavi…


Enrico De Girolamo

 

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