VIDEO | La battaglia della mamma diventata simbolo della lotta contro la violenza. Ieri dopo 20 lunghi mesi è stata dimessa dall'ospedale
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Maria Antonietta è forte, rinata, consapevole di essere diventata il simbolo della lotta alla violenza sulle donne. Il suo volto segnato e quel sorriso mai perso, è entrato nelle case di tante donne italiane, per dire «abbiate il coraggio di denunciare perché se sono sopravvissuta io lo farete anche voi».
Troppe le coincidenze che, in una giornata particolare come quella di oggi dedicata proprio alla lotta contro la violenza sulle donne, fanno riflettere. Da un lato abbiamo gioito perchè dopo 20 lunghi mesi di sofferenza, interventi e agonia, Maria Antonietta oggi ha dato il buongiorno dal salone di casa sua. Ieri si è alzata sulle sue fragili ma coraggiose gambe e con le stampelle un passo alla volta ha lasciato il Gom. Ma questa mattina questa lieta notizia è stata posta in ombra dall’ennesimo caso di femminicidio in Calabria. Proprio per questo le parole di chi si è salvata dal fuoco a mani nude, risuonano come un monito che non può e non deve essere ignorato.
Torna finalmente a casa. Come si sente dopo tutti questi mesi in ospedale?
«Mi sembra un sogno. Un bellissimo sogno per il quale posso solo dire grazie a Dio perchè mi ha dato la forza e mi ha permesso di affrontare tutto questo. Adesso l’unica cosa che voglio è tornare a fare la mamma. Tutto questo è grazie soprattutto al lavoro di tutti i medici e il personale del Gom che mi hanno accolto e mi hanno dato la forza con le loro cure. Ma senza mio padre non ci sarei riuscita. Mi aveva promesso che dall’ospedale sarei uscita sulle mie gambe e così è stato».
Ha denunciato e sconfitto il suo aguzzino. Il suo coraggio deve diventare un esempio?
«A tutte le donne che subiscono violenza voglio dire di non permettere mai a nessuno uomo di fare quello che è successo a me. Mai, non consentitelo mai perchè la vita è bella e meritate di viverla».
Lei è diventata un simbolo e in questa giornata particolare dedicata proprio alla lotta contro la violenza sulle donne, cosa si sente di dire alle tante donne che in silenzio subiscono violenza?
«Devono sconfiggere la paura e il fuoco che rappresentano questi esseri che non meritano neanche di essere definiti uomini. Lo possono fare, basta denunciare e solo dopo ritorneranno a vivere. So che non è facile ma devono trovare la forza, lo devono fare per loro stesse ma anche per chi gli sta accanto e perché la vita solo Dio la può togliere nessun altro si può permettere di farlo».
Tante donne le scrivono in cerca di consigli o di un po’ del suo coraggio. Cosa dice loro per spronarle a reagire?
«Dico che si rinasce, eccome se si rinasce. Io quel giorno ho detto al mio ex marito, mentre mi buttava la benzina, che non sarei morta e che sarei tornata dai miei figli. Ed eccomi qua, non sono morta e sto tornando a casa dai miei figli. Torno a fare la mamma e se ci sono riuscita io possono farlo tutte le donne che si stanno trovando in quest’incubo. Insieme riusciremo a sconfiggere questi esseri ignobili».
Una battaglia ancora, però, non è conclusa. Quella legale. Il tuo ex marito dopo la pena inflitta di 18 anni ha richiesto l’appello. Quale sarebbe per lei la vittoria più grande?
«La vittoria per me sarà non solo quella di vedere alzata la pena, ma soprattutto, di vedere io quest’uomo quel giorno. Accompagnata da mio padre voglio guardarlo negli occhi e dirgli che io non sono morta, che sono viva e crescer i miei figli. E quel giorno mi auguro che gli venga aumentata la pena e poi inizierò, co mio padre, la battaglia purtroppo contro lo Stato perché voglio sapere di chi sono le responsabilità perché tutto questo si poteva evitare. Voglio semplicemente delle spiegazioni e capire perché il mio grido di aiuto non è stato accolto»