VIDEO | Il bilancio di Camillo Falvo, a due anni dal suo insediamento e da Rinascita Scott. Ciò che è accaduto nel 2021 e «quella fiammella che poi si è trasformata in un falò» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Sette anni fa ho iniziato ad occuparmi di antimafia su Vibo Valentia, abbiamo acceso una fiammella, una fiammella di speranza. E quella fiammella poi si è trasformata in un falò». Camillo Falvo, procuratore capo di Vibo Valentia, ripercorre le tappe cruciali il 2021, guarda all’anno che verrà e contestualizza l’impegno del suo ufficio in un percorso iniziato nel 2014, con il suo approdo alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, dove due anni dopo s’insediò Nicola Gratteri. Fu Falvo a far decollare l’indagine che, rammenta, «grazie all’impulso che diede Gratteri», poi assunse le dimensioni ciclopiche di Rinascita Scott.
Camillo Falvo prima di allora chiuse Costa Pulita, Overing, portò a sentenza i processi sulla guerra di mafia che tra il 2011 e il 2012 terrorizzò il Vibonese. Fece luce su omicidi e tentati omicidi, raccolse le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia le cui rivelazioni furono un tornado sul crimine organizzato di una provincia crocevia degli equilibri geomafiosi del Mezzogiorno italiano. Il 18 dicembre del 2019 il suo insediamento come procuratore capo di Vibo Valentia, all’alba del giorno successivo il maxiblitz Rinascita Scott. Ed il 24 dicembre la marcia di Libera che condusse in piazza circa duemila persone. Due tappe: quella conclusiva al comando provinciale di Vibo Valentia, la prima su Corso Umberto, dove fu avvolto dall’affetto dei manifestanti.
«Questo è il secondo anno dopo Rinascita – esordisce – ed abbiamo proseguito nell’azione di proselitismo per affermare i valori della legalità». Un magistrato che ha saputo, quando necessario, anche svestire la toga e scendere tra la gente, soprattutto tra i bambini. Alcuni – ricorda – gli hanno donato quello che è «il quadro più bello che sta nel mio ufficio». Il tratto incerto, ma candido ed innocente, degli alunni di una scuola elementare: raffigura Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Andai da loro e parlammo a lungo. Chiesi anche ad un agente della mia scorta di intervenire e portare la sua testimonianza – ricorda –. I bambini non volevano schiodarsi e quando tutto finì chiesi a loro cosa volessero fare da grandi. Risposero tutti che volevano fare il magistrato, o il poliziotto o il carabiniere. Fu un bel momento che mi rese consapevole del fatto che il cambiamento parte dalle scuole, dai bambini, dai ragazzi e che a loro dobbiamo portare il nostro messaggio, che se attecchisce può davvero scardinare la subcultura mafiosa».
Ha visitato le scuole, Camillo Falvo. E non solo del circondario giudiziario di sua competenza. Ha dedicato gran parte del suo impegno alla tutela dell’ambiente e del mare. Ha firmato protocolli, «perché la repressione, da sola, non basta, perché di fronte a certi fenomeni serve innanzitutto la prevenzione». Ha partecipato ad incontri con le altre autorità, soprattutto civili «perché l’impegno per il cambiamento – precisa – deve essere comune». Ed ha dato risposte alla domanda di giustizia che viene dal territorio. «Sui casi più clamorosi siamo stati in grado di intervenire in maniera immediata ed efficace e ciò – evidenzia il procuratore di Vibo Valentia – è stato possibile soprattutto grazie all’impegno delle forze dell’ordine».
«Il 2021 è stato un anno particolare – ammette – i cui frutti contiamo di raccogliere a breve. È stato un anno che, però, ha registrato qualche episodio brutto, che ci hanno ricordato i fenomeni che i vedevano prima». Ricorda la sparatoria di Piazza Morelli, immortalata da una telecamera di videosorveglianza: la rissa, la pistola, il colpo, la vittima atterra, ignorata dalle auto in transito che si producevano in un imbarazzante slalom. Arrestato, dopo poche ore, il pistolero. L’aggressione della ragazza al distributore di carburante, un’autentica bestialità. Videoripresa, anche in quel caso. Gli aggressori identificati e arrestati. «Ciò che però ci lascia questo episodio è anche lo straordinario coraggio della vittima – dice il procuratore – che non ha avuto solo la forza di denunciare, ma anche di metterci la faccia e di andare in televisione lanciando un messaggio fortissimo contro la violenza sulle donne».
Un impegno di giustizia, il suo, che va oltre le aule del Tribunale. E il 2022 che anno sarà? «Di speranza, di cambiamento. Il mio ufficio continua a lavorare in stretto contatto con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro – spiega –. Abbiamo prodotto un grande lavoro del quale spero a breve coglieremo i risultati. Ma tutto questo impegno sarebbe vano senza il contributo della gente, che ci sostiene e che crede in ciò che facciamo. Il 2022 sia l’anno del coraggio e della denuncia. Noi abbiamo tagliato la malapianta dalla base, ma le radici ancora ci sono. La malapianta non deve germogliare di nuovo. Sono altri germogli quelli di cui abbiamo bisogno. Il crimine organizzato si nutre di rabbia, di indifferenza, di rassegnazione, di ignoranze. Noi dobbiamo utilizzare le armi contrarie. La cultura, il lavoro, la denuncia. E capire – conclude – che noi dobbiamo essere tutti dalla stessa parte, contro un male che possiamo sconfiggere».