VIDEO | Bovalino capitale dei rapimenti. La triste parabola di Paul Getty III rilasciato dopo cinque mesi e dietro il pagamento di tre milioni di dollari (nel 1973). I rapiti di serie A e quelli di serie B
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L’anonima sequestri non ha mai avuto confini. Colpiva in Calabria come nel Nord Italia. Prendeva di mira industriali, piccoli esercenti, professionisti. I suoi bersagli potevano essere donne e uomini, adulti o bambini. «Bovalino – racconta Pietro Comito nel corso della quarta puntata di Mammasantissima – viene presto indicata come la capitale dei sequestri nonostante l’anonima non avesse risparmiato neppure i suoi cittadini».
«Sequestrati di seria A e di serie B»
Nel secolo scorso i sequestri di persona sono stati 694, oltre la metà sono stati eseguiti dalla ‘ndrangheta. Gli ostaggi venivano nascosti nelle viscere dell’Aspromonte. Non tutti i sequestri si concludevano con la consegna del denaro e la liberazione della vittima. Si calcola che circa un terzo dei sequestrati non abbia più fatto ritorno a casa, uccisi o morti per le dure condizioni in cui venivano tenuti.
«Ci sono stati sequestrati di serie A e sequestrati di serie B», afferma il giornalista Filippo Veltri.
«Ovviamente esisteva sequestrati di serie A e di serie B – dice il magistrato Ezio Arcadi – perché c’erano personaggi che alle spalle avevano famiglie molto note e potenti che sul piano finanziario rappresentavano qualcosa».
«I sequestrati di serie B – fa notare Veltri – guarda caso sono tutti sequestrati calabresi. I sequestrati di serie A per cui si mosse quel mondo segreto delle trattative, quell’area grigia, opaca, sono stati tutti sequestrati nel Nord Italia».
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Rapiti e portati in Aspromonte
«Sono tantissimi – racconta il magistrato Domenico Ielasi –, sia quelli della zona di Locri e della provincia di Reggio Calabria, sia quelli effettuati al Nord con gli ostaggi poi portati in Aspromonte. L’anonima sequestri aveva scoperto che era possibile effettuare percorsi lungo l’autostrada del sole senza essere controllati e senza essere fermati dalle forze dell’ordine».
Il sequestro di Paul Getty III
Si pensi al sequestro di Paul Getty III, nel 1973, nipote del petroliere miliardario Jean Paul Getty. Il ragazzo, 16 anni, viveva a Roma dove suo padre gestiva la filiale italiana della compagnia petrolifera.
Viveva un’esistenza sregolata che subirà una brusca rivoluzione la sera del 10 luglio, quando l’anonima sequestri calabrese lo rapisce in piazza Farnese e lo porta via.
Segue una telefonata alla madre, che aveva divorziato dal marito, dove l’organizzazione malavitosa chiede un riscatto di 17 milioni di dollari. Una caratteristica di questa vicenda è la ritrosia e la durezza del potente nonno a pagare il riscatto: non vuole creare un precedente mostrandosi debole, ha 14 nipoti sparsi per il mondo e teme che il pagamento possa accendere l’avidità e la fantasia di altre organizzazioni criminali.
Anzi, Jean Paul Getty fa circolare un comunicato nel quale dichiara: «Sebbene veda mio nipote raramente e non gli sia particolarmente vicino, non posso che volergli bene. Tuttavia non credo sia utile pagare i rapitori. Ho altri quattordici nipoti, e se pagassi anche solo un singolo penny ora, finirei con l’avere quattordici nipoti in mano ad altri rapitori».
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Il vecchio Getty cede per 3 milioni di dollari
Solo dopo tre mesi, e la consegna dell’orecchio destro e di una ciocca di capelli alla redazione del Messaggero, la famiglia Getty comincia a cedere e pattuisce il pagamento di una cifra di 3 milioni di dollari. Anche qui, però viene fuori tutta la durezza del vecchio Getty che mette di tasca sua 2,2 milioni di dollari, cifra massima deducibile dalle tasse, mentre il resto sarà pagato dal padre del ragazzo il quale si è però impegnato a restituire al capo famiglia, da poco nominato «l’uomo più ricco del mondo» dal Guinness dei primati, i 2,2 milioni prestati. La cifra comunque fu altissima per quell’epoca e, secondo la Commissione antimafia, fu il preludio per l’infiltrazione della ‘ndrangheta nel mondo dell’edilizia. Tanto che qualcuno, scrive il Messaggero, chiamava uno dei quartieri di Bovalino "Jean Paul Getty”.
La triste parabola di un ereditiere
C’e da dire che il sequestro del giovane Getty, per quanto fosse una vittima di serie A da tenere in vita, è stato parecchio difficile e lo ha molto minato nel fisico e nella psiche. Il ragazzino si ammalò, l’orecchio tagliato, vista la debolezza del giovane, si infettò facilmente. Il 16enne venne allora imbottito di penicillina sciolta nel cognac, cosa che lo debilitò ancora di più. Solo dopo cinque mesi il ragazzo venne rilasciato. Ma la sua vita era ormai segnata. Nel 1981 un mix micidiale di alcol, valium e metadone gli causa un ictus. Resta cieco, sordo e costretto sulla sedia a rotelle. La sua vita si spegnerà presto, a 54 anni.
Per il suo rapimento vennero arrestate nove persone ma solo due vennero condannate: Antonio Mancuso, proprietario dell'auto su cui fu caricato il denaro del riscatto, e Giuseppe La Manna, un guardiano notturno al quale furono ritrovate soltanto poche banconote del bottino. Il resto di uno dei riscatti più grossi pagati alla ‘ndrangheta si volatilizzerà entrando a far parte, dicono oggi gli esperti, del grande patrimonio della mafia calabrese.