Ancora lontana l’ipotesi sgombero. Il sopralluogo dell’associazione 21 luglio è servito anche a raccogliere il clima di sfiducia e paura tra chi abita nelle baracche da quaranta anni o ci è nato (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Siamo fantasmi». A dirlo è un giovane ragazzo di origine rom. Una frase spiazzante, cruda ma violenta allo stesso tempo che ha raccolto una delle operatrici dell’associazione 21 luglio durante il sopralluogo fatto nelle scorse settimane e volto ad inquadrare la situazione attuale del campo per poi fornire all’amministrazione e alla Diocesi gli elementi chiave per improntare un progetto di sgombero.
È vero, dietro quelle mura alte che loro stessi si sono costruiti, sulla cui superficie hanno disseminato pezzi di vetro per impedire ingressi indesiderati, vive e sopravvive un altro mondo, nascosto da quello che ai più sembra il mondo “normale”.
Giocare nella fogna
Tra baracche, roulotte, e quel che resta dei container loro dati negli anni Ottanta si porta avanti una vita fatta di mattoni usati come lavabi sui quali poggiare i panni da lavare e strofinare, bambini che spingono carriole con ferro e detriti, altri intenti a saltellare in pozzanghere nelle quali, spesso, è confluita anche fogna. Bimbi quasi sempre allegramente scalzi, con i piedini neri per la polvere e i detriti.
Ogni volta che “piove che Dio la manda”, Scordovillo si allaga, si tirano fuori gli stivali di gomma, si cerca di togliere l’acqua con scopettoni e i detriti con pale. Poi arriva l’autospurgo mandato dal comune, aspira ciò che può, gli operai scambiano quattro chiacchiere con chi ha avuto i disagi più grossi, si parla di “quella maledetta fogna che non aggiustano mai” e poi tutto ricomincia.
«Vogliono tutti fare soldi con noi»
Dentro le “case” brillano. Mobili tirati a lucido, bagni, con fili elettrici pendenti, pulitissimi. Nulla fuori posto, quel poco che c’è è ordinato, circondato da pareti con colori caldi ed eccentrici. «Vogliono tutti fare soldi con noi. A nessuno importa di noi», dice la maggior parte a chi entra a Scordovillo. Temono anche chi porta loro cibo e vestiti. Pensano di essere merce di scambio. E all’associazione 21 Luglio dicono: «Il Comune prenderà in giro anche voi».
Sfiducia e depressione
Il clima di sfiducia è totale: nascere e crescere nel campo rom più grande del Sud Italia non è facile. Molti soffrono di disturbi d’ansia e del sonno, secondo l'indagine dell'associaizone romana, diversi sono malati in casa e non hanno assistenza domiciliare. La scarsa educazione scolastica li porta ad avere difficoltà anche la gestione del minimo, per l’accesso perfino a quei contributi che potrebbero aiutarli.
Per l’associazione 21 Luglio «va superato l’approccio etnico» e di fatto questo non è consolidato a Lamezia che considera italiani i residenti a Scordovillo, non solo per una questione di anagrafica, ma perché di nomade a loro è rimasto ben poco.
Le azioni preparatorie allo sgombero
Tra ministero e Prefettura sono stati messi da parte centinaia di migliaia di euro da utilizzare prima ancora che per lo sgombero per quelle che sono state definite “azioni preparatorie”. Dalla bonifica dell’area a corsi e attività inclusive per creare quelle basi che possano portare ad una buona riuscita dell’esodo, anche se questo rimane per ora lontano, quasi un miraggio, mentre tra fumi, macerie, detriti e spazzatura si consuma nel centro di Lamezia la vita di centinaia di persone.