Dal 12 ottobre i test sui congiunti stretti di un paziente scattano solo in caso di sintomi. Situazione paradossale che sta esasperando una famiglia lametina costretta a subire la caccia all’untore
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Un cambiamento repentino di normativa per quanto riguarda le quarantene e i tamponi da effettuare sui contatti stretti. Il nuovo regolamento emesso dal ministero della Salute non lascia spazio a fraintendimenti, ma forse poco si accosta ai sentimenti di timore e angoscia di chi ha da poco saputo di avere contratto il Covid e teme per i proprio familiari. Ma procediamo con ordine.
Lo sfogo sui social di una lametina
È di ieri il lungo sfogo affidato a Facebook di una giovane lametina risultata positiva al Coronavirus. Un’esperienza drammatica la sua che ha molto da insegnare. Se pensavamo che la “caccia all’untore” fosse roba dai primi mesi di pandemia ci sbagliavamo. Accade infatti che nella frazione in cui questa giovane vive si esorti il proprietario del mini market a non portarle la spesa, piuttosto che “inventare” una sequela di positivi nella palestra da lei frequentata. Ma, denuncia la donna, i controlli sui suoi contatti stretti non vengono fatti.
Questo è ciò che scrive: «Da mercoledì a oggi sabato non abbiamo visto nessuno, non sono stati fatti i tamponi a nessuno dei miei contatti, solo ieri a due miei amici. Io da onesta cittadina, da donna che se ne frega di essere additata come infetta e strega portatrice di malattia inizio ad avvisare tutti. A lavoro, i titolari prendono misure di controllo del personale autonomamente. Stessa procedura la palestra, si chiudono, sanificano, vanno a fare i tamponi, stanno tutti bene. Anche i miei familiari, che ad oggi non sanno se sono o meno infetti, hanno avvisato i loro contatti diretti che a loro volta si sono fatti il test. Ma mamma è maestra e a scuola da lei nessuno ha fatto nulla se non il preside che ha disposto la chiusura per un giorno e i genitori che stanno tenendo i figli a casa. Se fossimo stati omertosi per paura delle male lingue? Quanta gente avrebbe rischiato?».
«Da mercoledì – continua la ragazza - chiamo a raffica gli organi preposti, ma non risponde nessuno. Esasperata ho chiamato i carabinieri, gli unici che mi hanno dato retta. Hanno contattato l’Asp che guarda caso mi ha contattata per dirmi questo: “È cambiato il Dpcm e il tampone lo facciamo al decimo giorno", ormai per dispetto direi. Ok, legalmente il 12 Ottobre è variata la procedura, ma se chi è in isolamento manifesta sintomi è doveroso verificare. A oggi siamo stati abbandonati da tutti. Io che sono l’unica comprovata dovrei essere monitorata per procedura, oltre il mio santo medico curante, non mi chiama nessuno. Neanche sanno se sono viva o morta. Vergognoso».
La replica dell'Asp
Abbiamo contatto l’Asp per avere un riscontro a quanto denunciato sui social dalla giovane. Il nuovo decreto cambia molto, ci viene spiegato, rispetto a quanto avveniva prima. Ecco allora per i contatti stretti asintomatici è obbligatorio osservare: «un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo effettuato il decimo giorno».
Si raccomanda di «eseguire il test molecolare a fine quarantena a tutte le persone che vivono o entrano in contatto regolarmente con soggetti fragili e/o a rischio di complicanze; prevedere accessi al test differenziati per i bambini; non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo ad eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità».
In sintesi, mentre prima veniva fatto il tampone ai contatti stretti del positivo, ora se questi sono asintomatici è obbligatoria solo la quarantena. Qualora durante la quarantena dovessero sorgere sintomi bisognerà rivolgersi al medico del dipartimento di Prevezione addetto alla sorveglianza sanitaria del caso positivo accertato, fermo restando che potrà essere anche il loro medico curante a interfacciarsi con l'Asp per valutare un tampone.