Il sequestro. La guardia di finanza di Catanzaro e Lamezia Terme ha sequestrato numerosi beni immobili e mobili appartenenti alla criminalità organizzata locale. Le misure patrimoniali sono state attuate non solo nei confronti dei vertici del clan “Giampa’”, ma anche verso due insospettabili “prestanome”, che finora erano riusciti a sfuggire completamente all’azione repressiva dello stato.

 

Le indagini hanno permesso di dimostrare che i beni sequestrati sono di valore del tutto sproporzionato ed ingiustificato rispetto ai redditi leciti dichiarati, tenuto pure conto del tenore di vita agiato mantenuto negli ultimi anni dagli indiziati. Ciò ha consentito alle “fiamme gialle” di procedere alla confisca di beni per un valore complessivo di circa 1.500.000,00 euro.

 

Nello specifico, la misura ha riguardato disponibilità finanziarie e beni mobili e immobili, fra i quali si segnalano le abitazioni, lussuosamente rifinite, dei “vertici” della cosca criminale e dei parenti più stretti, ubicate in Lamezia Terme e in alcuni comuni circostanti. Tra i beni sequestrati anche una villa in montagna del capo storico del clan Francesco Giampà denominato "il professore" e del cognato Vincenzo Bonaddio. Sequestrate anche le abitazioni delle famiglie. Le misure patrimoniali sono state attuate anche verso due insospettabili “prestanome": si tratta di Tonino Strangis, residente a Feroleto e titolare di una ditta di autobus, e di Francesco Stranges, residente a San Mazzeo di Conflenti e cognato di Vincenzo Bonaddio. Entrambi sono stati raggiunti da un avviso di garanzia.

 

I beni sequestrati:

 

- l’intero edificio di quattro piani, constituito da quattro lussuosi appartamenti, adibiti a civili e lussuose abitazioni del Francesco Giampà e dei suoi figli a Lamezia Terme;
- l’intero edificio di tre piani, adibito a civile e lussuosa abitazione di Vincenzo Bonaddio a Lamezia Terme;
- una grande villa, in via di costruzione, ubicata nel comune di Conflenti, nella disponibilità di Vincenzo Bonaddio;
- un lussuoso appartamento ubicato nel comune di Feroleto, nella disponibilità di Vincenzo Bonaddio;
- un terreno edificabile ubicato nel comune di Feroleto Antico di Vincenzo Bonaddio;
- due autovetture di piccola cilindrata;
- disponibilità finanziarie per un ammontare complessivo di 50 mila euro.

 

Le perquisizioni. Contestualmente ai sequestri dei beni, la guardia di finanza, in esecuzione di provvedimenti emessi dalla D.d.a. di Catanzaro, ha effettuato anche perquisizioni. Proprio, Vincenzo Bonaddio, esponente di spicco della cosca, oltre alle misure cautelari reali, si è visto recapitare in carcere anche un avviso di garanzia. La direzione distrettuale antimafia, infatti, ancora sulla base delle indagini delle “fiamme gialle”, gli ha contestato un’estorsione a danno di un imprenditore locale, le cui modalità sono caratterizzate da aspetti diversi rispetto a quelle “tradizionali” finora accertate.

 

L' "imprenditore". I finanzieri di Lamezia Terme, infatti, nel corso delle indagini hanno riscontrato che Bonaddio aveva avviato un’impresa di costruzioni, attraverso la quale intendeva immettersi nel mercato lecito, anche allo scopo di costruire intorno alla sua figura di ‘ndranghetista una struttura economico-finanziaria tale da poter eventualmente giustificare i suoi averi e/o il suo elevato tenore di vita, altrimenti privi di motivazioni lecite. Nel contesto, l’“imprenditore” ha imposto ad altro soggetto di affidargli i lavori di edificazione di un fabbricato, peraltro a costi nettamente superiori rispetto a quelli che la vittima avrebbe sostenuto commissionando le medesime opere ad altra ditta “normale”. Come ritenuto anche dalla D.d.a., nella vicenda è ravvisabile il reato di estorsione aggravata commessa con modalità mafiose, in quanto la vittima non si è opposto alla richiesta dello ‘ndranghetista, temendo che un suo eventuale rifiuto alle richieste dell’indagato avrebbe potuto far scaturire pesanti ritorsioni nei suoi riguardi.