VIDEO | Lo sfogo dell’imprenditore che denunciò nel 2009 i suoi aguzzini e che viaggia in tutta Italia per parlare di legalità, ‘ndrangheta, pizzo. Ma la sua tutela finisce fuori regione
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È amareggiato ma convinto della sua scelta Rocco Mangiardi, imprenditore lametino noto per essere stato tra i primi a denunciare i suoi estortori, a indicarli in un’aula di tribunale a sfidarli.
Da quel 9 gennaio 2009 che festeggia ogni anno come la sua seconda nascita, la sua vita è cambiata moltissimo ed è cambiata anche per Lamezia: una sorta di spartiacque che ha fatto sì che le denunce aumentassero. Ciò che probabilmente non si aspettava e che la scorta che dovrebbe tutelarlo diventasse più volte nel tempo, oggetto di discussioni e ravvedimenti: data, tolta e ora in servizio solo in Calabria, pur sapendo che Mangiardi per missione fa decine di incontri nelle scuole e non solo.
I viaggi per incontrare i ragazzi nelle scuole
Viaggia da nord a sud per raccontare la sua esperienza e dare coraggio. Eppure per lo Stato sembra che superati i confini della Calabria non debba più temere alcuna ripercussione: «Non voglio pensare a quali possano essere le motivazioni ma mi sembra strano che io possa essere in sicurezza solo in Calabria. Chiunque potrebbe salire su un treno e aspettare che le forze dell’ordine vadano via per poi fare quello che vuole. Quello che sto facendo però è che continuo a muovermi e andrò ad incontrare i giovani come ho fatto negli ultimi giorni anche in capo al mondo».
«Auto obsolete e non blindate»
Un’attenzione quella su di lui che sarebbe calata già dopo poco tempo dalla denuncia e caratterizzata addirittura da auto non blindate. «Avevo già capito tutto tempo fa – ci dice Mangiardi - da quando ci sono state dai giorni successivi alla mia denuncia vari ministri, il presidente Napolitano che ha voluto incontrarmi e successivamente tutto è iniziato a scemare. Basti pensare che le macchine che mi hanno hanno sempre dato come scorta erano macchine obsolete e non blindate».
Mastica amarezza l’imprenditore che però non è affatto pentito della sua scelta: «Quando si denuncia qualche ingiustizia è una cosa giusta a prescindere di quello che poi accade. Lo rifarei mille volte ancora».