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L’operazione scattata questa mattina a Lamezia ha portato al sequestro di beni per un valore di 500 milioni di euro, riconducibili ad affiliati alla cosca di 'ndrangheta di Iannazzo.
Lamezia, maxi sequestro alle cosche di ‘ndrangheta
Un clan 'imprenditoriale' - La cosca, il cui capo storico ed attuale sarebbe Vincenzino Iannazzo, detto “Moretto”, è attiva principalmente nella città di Lamezia Terme e, più precisamente, a Sambiase, luogo che - secondo gli inquirenti - sarebbe il suo “centro nevralgico e zona elettiva di influenza”, estendendosi anche in alcuni comuni limitrofi, insieme alla cosca alleata dei Giampà, la quale, prima che venisse completamente disgregata dalle imponenti azioni giudiziarie eseguite nei suoi confronti (da ricordare in tal senso le operazioni “Medusa” e “Perseo”), a partire dal luglio 2011 in poi, era particolarmente influente a Nicastro, Feroleto, Pianopoli, Maida, fino a Marcellinara.
I Iannazzo, spiegano gli investigatori, nel corso degli anni ‘80, in occasione della prima guerra di mafia lametina, aderirono alle famiglie mafiose sambiasine, via via trasformandosi fino a costituire, ancora oggi, quello che i militari definiscono “un esempio tipico di mafia imprenditoriale", capace cioè di avvalersi anche di un fittissimo reticolo di imprese (sia in Calabria che in tutta Italia) intestate o comunque riconducibili ad esponenti della famiglia stessa e attive nel settore delle costruzioni, in particolare delle forniture e del movimento terra, ma anche in altri campi commerciali.
Sono stati così effettuati accertamenti economico-patrimoniali nei confronti di 65 persone fisiche e 44 giuridiche e che avrebbero consentito di arrivare al sequestro di svariati beni mobili, immobili, oltre che complessi aziendali relativi ad attività commerciali in svariati settori economici che sarebbero nella disponibilità di personaggi ritenuti “verticistici” della cosca Iannazzo, tra i quali il pluripregiudicato Antonino Davoli (49enne di Sambiase), Pietro Iannazzo (40 anni, e figlio di Francesco, assassinato nei primi anni ’90 a seguito di un agguato di stampo mafioso) e Antonio Provenzano (41 anni).