C’è esasperazione nel campo rom di Scordovillo a Lamezia Terme. Nell’accampamento più grande del Sud Italia il Covid fa paura. Fa paura perché le condizioni di vita sono già tragiche, spazzatura e rifiuti speciali sono ovunque, così come la fogna che giornalmente sgorga a cielo aperto, mentre i residenti condividono baracche e container con topi e insetti.

 

I positivi sono quasi sempre fuori casa, i controlli scarseggiano. Dal campo si entra e si esce senza alcun filtro. I posti di blocco ci sono ma non con continuità,  gli aiuti alimentari stanno arrivando ma per la popolazione sono decisamente scarsi. Chiedono attenzione a partire da una disinfezione delle strade ma anche togliendo quella spazzatura che costeggia la strada che porta al campo e che è presente da mesi e nel caso di alcuni cumuli presenti addirittura da anni.

 

Si tratta di tonnellate di rifiuti ma il problema maggiore sono i rifiuti speciali, quelli che dovrebbero portare via le ditte specializzate e che invece restano a marcire. L’olezzo è nauseabondo, i cumuli invadono le carreggiate. Una volta entrati nel campo lo spettacolo è come sempre desolante, baracche di lamiera, container, casupole dalle quali si affacciano in tanti, la maggior parte dei quali con mascherina.

 

La percezione del Coronavirus c’è ma «come si fa a passare una quarantena dentro un container?», ci dicono. Ecco perché alcuni di loro sono fuori “casa”, pur essendo positivi. Si sentono abbandonati, ci spiegano, chiedono sostegni alimentari e soprattutto case. Sollevano questioni ataviche, che Lamezia si porta avanti da decenni. Vogliono una casa, anche a costo di ristrutturarla a loro spese, vogliono andare via, si sentono presi in giro, lamentano il mancato ascolto da parte delle istituzioni.

 

Ad accompagnarci all’interno del campo il consigliere comunale Mimmo Gianturco che solleva il problema dei controlli sulle quarantene che dovrebbero essere più serrati, pur sapendo che le risorse a disposizione sono poche. Ma Gianturco chiede maggiore attenzione, a partire dalla spesa per evitare che chi è positivo possa uscire. Cosimo Bevilacqua, portavoce della comunità rom, è un fiume in piena. «Se non si muore di Covid si muore di spazzatura» ci dice. Lui che è uscito dal campo è colui che cerca di rappresentare alle istituzioni le necessità di chi in quel ghetto ci è nato e cresciuto.

 

A lui spesso ci si rivolge per avere qualcuno che possa “parlare” ai rom, ma la stessa attenzione, ci spiega, vorrebbe gli venisse riservata quando ha lui qualcosa da dire. Per Bevilacqua è importante che il campo venga sanificato: «Come si può gestire una malattia infettiva tra topi e fogna?». Fondamentale poi il ritiro della spazzatura, da quella differenziabile a quella speciale. Una situazione allarmante, una bomba che aspetta di essere disinnescata Scordovillo e che meriterebbe più attenzione.