Si trova a Lamezia Terme, in contrada Palazzo, zona in cui le campagne si rincorrono, l’unica filiera di carne bovina biologica in Calabria. Questo significa che qui, nell’azienda gestita da Manolo Pasini, viene prodotto ogni elemento della catena che porta alla produzione della carne e, di conseguenza anche i mangimi.

Mangimi autoprodotti

 Mangimi che si basano sul mais e qui il mais, nonostante i cinghiali, non manca. Questo garantisce all’azienda autonomia e autosufficienza. Una cosa non da poco visto che la carenza di foraggi sta portando molte aziende a pensare di abbattere i capi, così molte capre stanno perdendo il latte. La logica della produzione a basso costo ha preso il posto di altri meccanismi di autotutela utilizzati decine di anni fa quando le scorte alimentari non mancavano mai.

«Siamo l'unica filiera verticale per la produzione di carne bovina biologica - ci  spiega Pasini - per fare questo passo abbiamo prima fatto una verifica molto attenta, perché sapevamo di non poter contare su un mercato di cereali biologici in Calabria. Poi siamo passati a fare tutte le produzioni biologiche perché possiamo contare sulla autoproduzione di tutti i cereali e i foraggi».

«Questo è un modello virtuoso, la micro filiera, la filiera corta o anche detta a chilometri zero, è importante – sottolinea l’imprenditore -. Tutto quello che i nostri animali mangiano è prodotto in azienda e gli animali allevati sono in numero proporzionato in base alle risorse che riusciamo a produrre sul territorio».

Preoccupa il rincaro del gasolio agricolo

Insomma, qui la crisi messa in moto dalla guerra in Ucraina, la carenza di grano e di mais non sta facendo effetto, ma a pesare sarà, specie ne prossimi mesi, il rincaro del gasolio, specie di quello agricolo.

«Oggi è quotato 1 euro e 80 centesimi – ci dice ancora l’imprenditore - vi faccio presente che i nostri trattori, per piccoli che possano essere, hanno comunque 4000 di cilindrata. Tra poche settimane tutta la campagna si risveglierà e si comincerà a fare la fienagione, la preparazione dei terreni per le semine primaverili e così via. Con questi costi ovviamente avrà una ripercussione su quello che sarà il prodotto finito, ma non si può pensare che tutto questo possa essere sopportato dalle spalle di noi agricoltori».

Temi, spunti, riflessioni spesso lontanissimi da chi è solito acquistare direttamente al supermercato. Ecco allora che Pasini lancia una provocazione: «Il latte viene pagato alle aziende 40 centesimi al litro e un caffè viene pagato un euro, la differenza è che con un caffè al giorno non si può sopravvivere con due litri e mezzo di latte in qualche modo si riesce a sopravvivere».