L’ex sindaco è stato scagionato dopo due processi d’appello dall’accusa di omicidio colposo per la morte sul lavoro di un operaio: «Si poteva chiarire tutto fin dal procedimento in primo grado»
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Sedici anni di processi con due condanne in primo e secondo grado, con richieste risarcitorie in sede civile di circa due milioni e seicentomila euro, poi la Cassazione che rinvia ad un nuovo processo d'appello e, infine, l'assoluzione definitiva, divenuta irrevocabile, per «non aver commesso il fatto». È quanto accaduto all'ex sindaco di Falerna, Daniele Menniti, professore ordinario all'Università della Calabria.
A marzo 2008 - ripercorre la vicenda lo stesso Menniti in una nota - un operaio muore nel comune di Falerna dopo essere caduto da un'altezza di oltre due metri mentre stava potando alcuni alberi. Da allora è stato avviato un procedimento nei confronti di Menniti, allora sindaco, accusato di omicidio colposo per non aver assicurato che il lavoratore ricevesse una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute e per non aver fornito all'operaio i dispositivi di protezione individuale contro la caduta dall'alto.
Adesso, dopo sedici anni, la Corte d'appello di Catanzaro ha assolto Daniele Menniti per non aver commesso il fatto affermando nelle motivazioni che il giorno dell'incidente l'operaio era stato adibito all'attività sulla base di una disposizione impartita autonomamente dal coordinatore dei servizi esterni del personale con firma autografa. Una disposizione "in alcun modo" riconducibile al sindaco.
«Le circostanze emerse in Cassazione e durante l'appello bis - afferma Menniti - potevano essere tutte ampiamente verificate sin dalle prime battute dell'udienza di primo grado. Purtroppo, così non è stato e nel successivo primo processo di appello si è ripetuta la stessa cosa».
In Cassazione, però, i giudici hanno rilevato che «la vittima il giorno dell'evento mortale aveva svolto l'attività di potatura degli alberi in esecuzione di un ordine di servizio stampato e affisso alla casa comunale, contenente l'elenco delle attività da svolgere e dei nomi dei lavoratori incaricati, sottoscritto» dal coordinatore dei servizi esterni. I giudici hanno quindi rilevato l'esigenza di «un approfondimento istruttorio per accertare le modalità organizzative concrete dell'apparato comunale e la ripartizione delle funzioni tra i vari soggetti».
«Anni di sofferenze e di stress per me e per la mia famiglia, reo soltanto di aver dato tutto me stesso per il bene della cittadinanza amministrata. Circostanze simili rendono sempre più difficile trovare gente disponibile a volersi impegnare per la cosa pubblica», conclude Menniti.