C'è «una 'zona grigia', fatta di esponenti della politica, delle istituzioni e dell'imprenditoria, che sono in grado di fornire alla 'ndrangheta il know how relazionale e professionale necessario per mimetizzarsi nell'economia legale. È su questa base che vengono cementate alleanze affaristico-mafiose tra consorterie di diversa matrice». È quanto rilevano gli analisti della Direzione investigativa antimafia nell'ultima Relazione semestrale (luglio-dicembre 2017). «Per la 'ndrangheta - spiega il documento - non appartengono al passato, ne' devono essere relegati a mero fenomeno folkloristico, i riti iniziatici di affiliazione e di passaggio di 'grado'. Le piu' recenti acquisizioni investigative danno conto, infatti, di quanto essi siano tuttora indispensabili per definire appartenenza e gerarchie interne, per rafforzare il senso di identià e per darle 'riconoscibilità'' all'esterno. Un modello organizzativo che consente alle cosche di espandersi in maniera unitaria e di accreditarsi con forza in quei 'circuiti' utili a condizionare scelte politiche e amministrative, regolare rapporti con imprese, enti, banche ed istituzioni»: non a caso «sette degli 8 enti comunali sciolti, nel semestre, per infiltrazioni mafiose, sono calabresi, di cui due in provincia di Reggio Calabria».

 

D'altra parte, la tendenza della 'ndrangheta a replicare, oltre regione, gli assetti organizzativi interni alle cosche, si manifesta anche all'estero: si pensi, ad esempio, alle "strutture intermedie" presenti tra la Liguria e la Costa Azzurra, oltre che alle ormai storiche presenze in Canada, Australia e Germania.

La 'ndrangheta all'estero

«L'espansione in altri territori - sottolinea la relazione - avviene, per lo più, privilegiando aree dove, da tempo, si sono trasferiti soggetti fiduciari delle cosche, che mascherano i loro reali interessi attraverso la gestione di attività economiche apparentemente legali. I principali locali di 'ndrangheta hanno compiuto un vero e proprio salto di qualità cogliendo le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati, dall'abbattimento dei confini e dalle innovazioni tecnologiche».


Altro importante indicatore della presenza della 'ndrangheta all'estero sono gli arresti di latitanti di elevata caratura criminale, molti dei quali narcotrafficanti fiduciari per conto delle cosche: proprio in relazione al traffico di stupefacenti, «è ormai consolidato il ruolo di primo piano che la 'ndrangheta riveste nel panorama mondiale, in quanto in grado di trattare direttamente con i narcos colombiani e messicani e tanto da rendersi principale interlocutrice, anche per altri gruppi criminali, sui mercati italiani ed internazionali, tra cui quelli di Belgio, Olanda, Svizzera e Spagna».

In Calabria il maggior numero di Comuni sciolti per mafia

Le 55 denunce per scambio elettorale politico-mafioso registrate nel 2017 «testimoniano il permanere di un pericolo latente nell'ambito delle amministrazioni pubbliche, che nel prossimo futuro potrebbe tradursi in nuovi casi di scioglimento di enti locali». Nella relazione si ricorda pure che «la partita si gioca, oggi più che mai, su più fronti, con il concetto allargato di 'altra utilità' da tenere sotto costante attenzione investigativa, perchè coinvolge la promessa di altri comportamenti indebiti e vantaggiosi per il clan, come l'assegnazione di appalti o l'assunzione di lavoratori. Condotte che, specie nel caso dell'assegnazione degli appalti, si rivolgono alle commesse non solo più redditizie, ma che allo stesso tempo determinano effetti sul piano sociale, sia in termini di consenso per le cosche, sia in termini di benessere per la collettività. Acquisire il controllo dello smaltimento dei rifiuti consente, infatti, oltre a lauti guadagni, di avere una capillarità 'porta a porta' della presenza criminale, cui poter far leva anche generando artatamente disagi con la mancata raccolta». Nel 2017 ben dodici dei 21 comuni sciolti per infiltrazione mafiosa (il 57%) si trovano in Calabria, gli altri in Campania (4), Sicilia (2), Puglia (2) e Liguria (1). «Un impatto non occasionale», osserva la Dia, visto che nel periodo compreso tra il 2010 e il 2017 i comuni calabresi sciolti per infiltrazioni mafiose (49) rappresentano il 52% del totale (94), mentre quelli campani (18) e siciliani (18) si attestano entrambi al 19%.