Due anni di indagini e la scoperta di una fiorente piazza di spaccio nella città della Piana. Il ruolo di Fabio Vescio e la sua rete di clienti e pusher. I rapporti di Domenico Cracolici con il clan Anello-Fruci e l’esclusiva sul taglio dei boschi
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Un episodio banale che avrebbe potuto concludersi senza particolari scossoni. L’inchiesta Artemis, che la scorsa settimana ha portato a 59 misure cautelari (50 in carcere e nove ai domiciliari) è partita da un attentato dinamitardo del 10 aprile 2021. L’ordigno rudimentale è esploso davanti alla casa di Giovanni Giampà, padre di Saverio e Davide, entrambi pregiudicati e condannati in seguito alle sentenze Medusa e Perseo (nessuno di loro è indagato in questo procedimento). I sospetti dei carabinieri si posano su Fabio Vescio, ritenuto autore di un agguato simile qualche anno prima. I movimenti dell’uomo, posti subito sotto controllo da parte dei carabinieri del Gruppo di Lamezia Terme, non hanno dato risposte riguardo all’atto intimidatorio ma hanno consentito, scrive la Dda di Catanzaro, «di cristallizzare una intensa attività di spaccio di sostanze stupefacenti su larga scala, gestita proprio da Vescio».
Una fiorente piazza di spaccio a Lamezia Terme
Un’attività fiorente, quella gestita dall’indagato, che mostra la città di Lamezia Terme come una vivace piazza di spaccio di cocaina e marijuana.
A contattare Vescio non c’erano solo gli assuntori di droga ma anche altri pusher, già gravati da precedenti penali per spaccio di sostanze stupefacenti. La Distrettuale parla di «un numero elevatissimo di cessioni». La base logistica di Vescio era un immobile apparentemente in disuso, appartenente alla sua famiglia, in via II Guiscardo. Un luogo che l’indagato aveva destinato a deposito dello stupefacente e che definiva il suo «ufficio». Il rituale dello spaccio seguiva un copione ben rodato: i clienti mandavano messaggi di testo o vocali su una chat whatsapp per sapere se Vescio si trovasse «in postazione».
I collegamenti con la cosca Cracolici
Vescio «era solito concedere credito ai suoi clienti, salvo poi pretendere l’immediato saldo dei debiti quando anch’egli aveva bisogno di liquidità prontamente disponibile, in particolare prima degli approvvigionamenti di narcotico dai suoi fornitori». Fornitori tra i quali la cosca Cracolici di Maida, capeggiata, secondo l’accusa, da Domenico Cracolici, 53 anni, detto Mimmo.
Dunque, accanto agli spacciatori lametini - quali Giovambattista De Sarro e Gianluca Adone – e ai catanzaresi – come Giampiero Damiano Abbruzzese - «il principale e più importante canale di fornitura di narcotico era garantito da Domenico Cracolici detto Mimmo».
La scoperta dell’associazione dedita al traffico di droga
È su questo nome che l’inchiesta acquista una svolta importante perché il focus delle indagini si sposta sul fornitore di Maida e svela «e l’esistenza di una vera e propria associazione per delinquere dedita al traffico di stupefacenti – annota la Dda nella richiesta di misure cautelari – promossa, diretta ed organizzata proprio da Cracolici, a sua volta coadiuvato da numerosi collaboratori di stretta fiducia, riconosciuta e rispettata anche oltre i confini del territorio lametino, la cui sopravvivenza ed espansione, come si vedrà, era garantita anche dalla protezione di un appartenente alla forze dell’ordine: Vincenzo Pulice, all’epoca dei fatti comandante della Stazione carabinieri di Maida con il grado di luogotenente, non solo compiacente, ma vero e proprio protagonista delle stesse attività di narcotraffico ed a tutti gli effetti intraneo all’associazione medesima».
Il passaggio del testimone dalla cosca Anello-Fruci
Dalla semplice cessione di sostanze stupefacenti il quadro che si disvela ai carabinieri di Catanzaro e Lamezia è quello di un’associazione di stampo mafioso, capeggiata da Cracolici, che avrebbe raccolto il testimone della cosca Anello-Fruci all’indomani degli arresti dell’operazione Imponimento. Prima degli arresti erano stati registrati i buoni uffici che Cracolici avrebbe avuto con Vincenzino Fruci, Nicola Antonio Monteleone e lo stesso Rocco Anello, classe ’61. Nel corso di una intercettazione Cracolici afferma di essersi «cresciuto» con i Fruci.
Gli appalti boschivi
E, a proposito del modus operandi degli Anello-Fruci «anche il sodalizio promosso e diretto da Domenico Cracolici ha mostrato un fortissimo interesse per il settore degli appalti boschivi, perseguendo l’obiettivo di garantirsi l’esclusiva sul taglio dei boschi, eliminando la concorrenza con metodologie tipicamente mafiose, secondo la logica ‘ndranghetistica di spartizione degli affari economici».
L’inchiesta Artemis conta oggi 86 indagati e ha richiesto oltre due anni di indagini. E pensare che nasce tutto dall’esplosione di un rudimentale ordigno esplosivo, quasi ordinaria amministrazione nel territorio di Lamezia Terme.