In quell’anno l’Ibm lanciò sul mercato il primo Pc che costava 1.500 dollari (metà dello stipendio medio di un anno) e aveva una memoria di 16 Kb, che oggi non ti basta neppure per una faccina su WhatsApp; nello stesso anno debuttava al cinema Indiana Jones, nelle sale giochi arrivava Donkey Kong e in Tv apparivano per la prima volta i Puffi. Era il 1981.

E la sera del 18 marzo ci fu un'altra pietra miliare: la prima puntata di Quark, trasmissione ideata e curata da Piero Angela, scomparso oggi a 93 anni. Fu un successo clamoroso e inaspettato, con 9 milioni di spettatori per il debutto e una media di 7,5 milioni durante la prima stagione, con punte di quasi 10 milioni. Era un'altra tv, erano altri tempi. Ma da allora Piero Angela è rimasto un saldo punto di riferimento per gli italiani, rendendo popolare la divulgazione scientifica e incarnando la verità vera, quella che non può essere inquinata dalle chiacchiere vuote, dall’omologazione, dal sensazionalismo.

È riuscito a fare ascolti – sempre – senza mai cedere alla teatralità, alla polemica strumentale, all’interpretazione di una parte a danno di un’altra. Quello di cui parlava era scienza, niente altro. Sembra scontato, ma non lo è. Anche la scienza può essere piegata alla politica, alle opinioni, soprattutto oggi. Lo dimostra l’immonda gazzarra che si è scatenata intorno alla pandemia di Covid, nella quale ognuno crede di avere gli strumenti di conoscenza per decidere cosa sia vero e cosa falso.

Lui mostrava solo dati incontrovertibili, ma lo faceva a voce bassa, anche quando ci sarebbe stato da urlare. Ad esempio, in una delle finestre informative che allestiva nel corso di SuperQuark (così si chiamò la nuova edizione della sua trasmissione) combatteva con pacatezza la superstizione e il paranormale.

Tutto ebbe inizio con Indagine sulla parapsicologia, un’inchiesta televisiva in cinque puntate, andata in onda nel 1978, quindi prima del debutto di Quark. Forse oggi non si percepisce la portata rivoluzionaria di quella trasmissione, ma quelli erano anni in cui il paranormale era una vera e propria febbre, una certezza per milioni di persone che credevano senza dubbio alcuno nella capacità di alcuni di piegare i metalli con la forza del pensiero o di leggere la mente. Poi arrivò Angela e quel mondo cominciò finalmente a vacillare, anche se cartomanti e maghi televisivi avrebbero speculato sulla credulità popolare ancora a lungo, facendo affari d’oro negli anni ’80 grazie all’esplosione delle tv private.

La battaglia contro il paranormale - da cui nel 1989, sempre su iniziativa di Piero Angela, nacque il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (Ciciap) - è forse la cifra più autentica del suo impegno di divulgatore.

«La nostra missione era educare gli italiani», disse una volta riferendosi agli intenti pedagogici della Rai nei primi due decenni della sua storia.

Un approccio che oggi è impossibile, non solo perché attirerebbe critiche feroci - e probabilmente legittime in un contesto come quello attuale in cui la verità oggettiva è continuamente compromessa da quella soggettiva - ma anche e soprattutto perché di Piero Angela in giro non ce ne sono più, senza nulla togliere al bravissimo figlio Alberto che però è principalmente un documentarista non certo un divulgatore come il padre.

In un’intervista di alcuni anni fa, definì la morte «una scocciatura» e tagliò corto quando gli chiesero se credesse in Dio: «Non mi sono mai dichiarato né ateo né agnostico né credente. Io la penso come la penso. Sono un uomo di scienza e non mi posso esprimere riguardo a Dio». Uno scienziato fino in fondo, non disposto a dare credito nemmeno al Padreterno senza una prova scientifica che ne possa dimostrare o negare l’esistenza. E le opinioni stanno a zero.